11-10-2023 ore 17:29 | Cultura - Incontri
di Paolo Emilio Solzi

Gesù secondo Joseph Ratzinger spiegato da Gabriele Ornaghi al Caffè filosofico di Crema

L’ultimo incontro del Caffè filosofico di Crema ha visto protagonista Gabriele Ornaghi, giovane insegnante di filosofia. Il relatore ha tenuto un’affascinante orazione su Joseph Ratzinger e sulla visione di Gesù che emerge dai libri pubblicati dal teologo dopo essere diventato papa Benedetto XVI.

 

Dalla Baviera a Roma

Ratzinger nacque il 16 aprile 1927 a Marktl (in Baviera). Fondamentali per la sua formazione furono le opere di Agostino d’Ippona e Blaise Pascal. Il primo sarà oggetto della tesi di dottorato di Ratzinger, mentre la dissertazione su San Bonaventura per l’abilitazione alla docenza verrà giudicata dal correlatore “pericolosa e modernista”. Furono tali critiche ad avvicinare Ratzinger al teologo Karl Rahner, all’epoca sostenitore di una riforma della Chiesa. Dopo una rapida carriera accademica, fu chiamato nel 1962 a partecipare al Concilio Vaticano II. Nel 1966 approdò come docente di teologia dogmatica all’Università di Tubinga, dove divenne amico del collega progressista Hans Küng. Nel 1968 pubblicò Introduzione al Cristianesimo, un bestseller della teologia. Centinaia di giovani affollavano le lezioni di Ratzinger, attratti dalla sua chiarezza e sistematicità. I disordini causati in quegli anni dai movimenti studenteschi spinsero il professore verso posizioni più conservatrici. Quando nel 1977 Paolo VI fece Ratzinger cardinale, lo definì “insigne maestro di teologia”. Nel 1981 Giovanni Paolo II lo nominò prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. La sua linea intransigente gli valse soprannomi irriverenti, quali “il Panzerkardinal” o “il Rottweiler di Dio”.

 

Doti profetiche e grandi sacrifici

Nel libro L’Ultimo Papa d’Occidente?, Giulio Meotti attribuisce a Ratzinger doti profetiche. Durante una lezione radiofonica nel 1969, il teologo affermò: “dalla crisi odierna emergerà una Chiesa che avrà perso molto. Diverrà piccola e dovrà ripartire più o meno dagli inizi. Non sarà più in grado di abitare gli edifici che ha costruito in tempi di prosperità. Con il diminuire dei suoi fedeli, perderà anche gran parte dei privilegi sociali. Sarà una Chiesa più spirituale, che non si arrogherà un mandato politico flirtando ora con la sinistra e ora con la destra. Sarà povera e diventerà la Chiesa degli indigenti”. Vittorio Messori sottolinea che Ratzinger ha fatto tanti sacrifici per amore della Chiesa, a partire dalla “rinuncia alla sua vocazione vera, quella dello studioso di teologia, di professore che divide il suo tempo tra la biblioteca e il contatto con i giovani”. Benedetto XVI, che da più parti (interne ed esterne alla Chiesa) era visto come baluardo dei tradizionalisti e nemico dei progressisti, in realtà era uno studioso equilibrato che non voleva tradire lo spirito del Concilio Vaticano II. Messori scrive: “critico a sinistra, Ratzinger si mostra inequivocabilmente severo anche a destra, verso quel tradizionalismo che è simboleggiato per lo più dal vecchio vescovo Marcel Lefebvre”.

 

La ricerca personale di un teologo

Centrale nel pensiero di Ratzinger, sia come teologo che come uomo, era il messaggio ma soprattutto la persona del Nazareno. Le ultime parole pronunciate dal papa emerito prima di morire sono state: “Gesù, ti amo”. Non solo un atto di fede, ma il suggello di una ricerca-lezione durata per tutta la vita. Analizziamo quindi alcuni aspetti della figura di Gesù rappresentata da Ratzinger nel primo volume (pubblicato nel 2007, due anni dopo l’elezione al soglio pontificio) della trilogia Gesù di Nazaret. Gabriele Ornaghi evidenzia che sulla copertina sono presenti entrambi i nomi dell’autore: quello di battesimo e quello scelto per il pontificato. Eppure il libro va considerato “un apporto accademico e divulgativo” del teologo Joseph Ratzinger, più che una sentenza di papa Benedetto XVI. Infatti nelle prime pagine leggiamo: “questo libro non è in alcun modo un atto magistrale, ma è unicamente espressione della mia ricerca personale del «volto del Signore». Perciò ognuno è libero di contraddirmi”. Ratzinger spiega la necessità di scrivere una biografia su Gesù: “a cominciare dagli anni Cinquanta [lo] strappo tra il «Gesù storico» e il «Cristo della fede» divenne sempre più ampio; l’uno si allontanò dall’altro a vista d’occhio”.

 

Non di solo pane vive l’uomo

Gabriele Ornaghi si è focalizzato su “tre tentazioni che ci permettono di abbracciare diversi temi che sono stati analizzati da Ratzinger durante la sua vita”. La prima tentazione cui è sottoposto Gesù nel deserto è quella della fame: il diavolo gli chiede di trasformare le pietre in pane, se è davvero il figlio di Dio. Si tratta, implicitamente, della richiesta di dimostrare l’esistenza di Dio in maniera spettacolare. Ma, nell’ottica della fede, Dio non agisce solo attraverso i miracoli e non attrae a sé le persone impressionandole con trucchi da prestigiatore. Vladimir Sergeevič Solov’ëv, nel suo Racconto dell’Anticristo, denuncia la crisi religiosa di fine Ottocento e il fascino che la soluzione marxista iniziava ad esercitare. Ratzinger definisce “comprensibilissima” l’aspirazione del marxismo a risolvere il problema della fame. Ritiene però che questa e altre soluzioni proposte dall’Occidente siano risultate sterili, perché hanno completamente escluso il divino dal loro orizzonte: gli aiuti “ai Paesi in via di sviluppo, basati su principi puramente tecnico-materiali […] hanno fatto del Terzo Mondo il Terzo Mondo in senso moderno. Tali aiuti hanno messo da parte le strutture religiose, morali e sociali esistenti e introdotto la loro mentalità tecnicistica del vuoto. Credevano di poter trasformare le pietre in pane, ma hanno dato pietre al posto del pane”. Infatti Gesù risponde al diavolo: “Non di solo pane vive l’uomo”.

 

Il buon pastore

La seconda tentazione è quella dell’immagine di Gesù. I teologi non possono essere troppo creativi nel rappresentarlo. Ratzinger lo dipinge come il buon pastore del Vangelo di Giovanni: “l’immagine del pastore reca in sé una lunga storia. Nell’antico Oriente, sia nelle iscrizioni regali sumeriche sia in ambito assiro-babilonese, il re si definisce pastore investito da Dio; l’atto del «pascere» è un’immagine del suo compito di governo. A partire da questa immagine, la cura dei deboli rientra tra i compiti del sovrano giusto. Si potrebbe dunque dire che l’immagine di Cristo buon pastore […] fa risplendere” la sua regalità. Gesù è il contrario del brigante che vuole le pecore solo per mangiarle. Il buon pastore le ama perché vivano e le accudisce finché non imparano a cavarsela da sole. Non impone nulla. Secondo il racconto evangelico, all’ovile si può accedere attraverso la porta, come fa il pastore, oppure in altri modi, come fa il brigante. Attraverso questa simbologia – spiega Ratzinger – capiamo che Gesù non è solo “la vita” e “la verità”, ma anche “la via”: la porta attraverso cui le pecore (oltre agli altri pastori che baderanno al gregge dopo di lui) possono passare.

 

Instrumentum regni

La terza e ultima tentazione si riferisce al potere. Gesù è portato sulla vetta di un monte, dove gli vengono mostrati tutti i regni della Terra e gli viene offerto il dominio su di essi in cambio dell’adorazione del Maligno. Ratzinger pone in luce come fin dall’Impero Romano la fede cristiana sia stata vista come instrumentum regni. Talvolta la Chiesa, dal canto suo, ha appoggiato schieramenti politici, abbracciandone gli strumenti e le cause. Ecco dunque la condanna del pontefice: “la fusione tra fede e potere politico ha sempre un prezzo: la fede si mette al servizio del potere e deve piegarsi ai suoi criteri”. Il regno di Dio non è un regno qualsiasi e presuppone la morte. In conclusione, nell’ottica di Ratzinger, delineare la figura di Gesù significa scoprire il personaggio storico e il suo pensiero, ma soprattutto leggere il passato e il presente dell’umanità. Il discorso di Benedetto XVI non si esaurisce all’interno delle sue riflessioni, ma si apre al dialogo con tutti coloro che sono disposti a confrontarsi con lui. La ricerca teologica, come il papa-filosofo ricordava, non è costituita da monologhi ma da più fecondi dialoghi.

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