Venerdì 9 maggio la sala del teatro San Domenico è piena. Si spengono le luci, parte la musica, è un cuore che batte, è il cuore del rock ed entra lui, Matthew Lee, elegantissimo in completo nero e giacca bianca, lui è il re del rock'n'roll. Alle sue spalle, uno schermo luminoso cambia colore. Il palco è essenziale, protagonista assoluta è la musica. Con l'ospite d'onore solo un pianoforte nero a coda e tre musicisti di livello: Daniele Raffaelli al basso, Joe Tortorelli alla batteria e Lorenzo Assogna alla chitarra. Lo spettacolo inizia con la carica a mille sulle note di due brani country/blues, ma si verifica un problema tecnico: mentre i fonici cercano di risolvere l'inaspettato imprevisto, l'artista se la cava egregiamente, tenendo banco con la sua simpatica verve. “Quando vi ricapita un sound check in diretta?” E' un mini show nello show, che mantiene vivo il coinvolgimento del pubblico: “Noi siamo amici, sono già stato qui a Crema 12 anni fa” ricorda con affabile scioltezza il pianista. Nel giro di pochi minuti lo spettacolo riprende: è un'esplosione di gioia.
Il tour 2025
Matteo Orizi, questo il suo vero nome, suona con tutto il corpo, con le spalle che si alzano e si abbassano a tempo, con la testa che si piega a destra e a sinistra, come ad accompagnare la melodia, con le espressioni del viso, un sopracciglio che si inarca, lo sguardo che ammicca, la bocca che sorride: la sua presenza attira il pubblico come una calamita e la potenza della sua musica lo trascina in un vortice adrenalinico. Matt, come lo chiamano gli amici, incanta mentre suona e conquista mentre parla di sé e della sua musica tra un brano e l'altro: “Facciamo tanti concerti fuori dall'Italia: con questo tour andremo in Lettonia, in Estonia, in Finlandia, dove siamo molto apprezzati per la nostra tradizione musicale". Il pubblico cremasco ascolta così Nel blu dipinto di blu in una personalissima interpretazione modern swing e con una parte di testo tradotta in inglese.
Rock'n'love
Il concerto prosegue vibrante fra musica e parole, entrambe anime narranti della vita personale e professionale dell'artista: “Con il covid non potevamo suonare: eravamo sfaccendati sul divano. Così Paolo Belli ed io abbiamo scritto un brano, che è diventato un duetto rock/swing”. Lo showman inforca un paio di occhiali da sole e i tasti impazziscono, le note si rincorrono impetuose. E' impossibile restare fermi sulle poltrone: il ritmo attraversa il corpo, le vibrazioni fanno risvegliare il cuore. Gli applausi si susseguono scroscianti e il musicista, con la spontaneità e l'arte che gli sono proprie, incita il pubblico ad applaudire ancora più forte. “Nel 2022 ero in Norvegia, quando arrivò la notizia che Jerry Lee Lewis ci aveva lasciato. Allora mettemmo in scaletta la sua più bella canzone, che ora suoniamo per voi”. Le mani scivolano sulla tastiera in un tributo scatenato a Great Balls of fire.
Anima esplosa
C'è anche spazio per il romanticismo e per momenti più intimi: “La mia storia andava a rotoli e io ho scritto il brano Non mi credere, sono un'anima esplosa io” e ancora quando interpreta il gospel I saw the light, che definisce il genere da cui parte tutto e a cui segue il country, poi il blues e infine il rock. Quindi, sceglie di proporre I'm so lonesome i could cry di Elvis Presley, che la definì la canzone più triste mai sentita. Il pubblico mostra con calore il suo apprezzamento. Il suono torna potente, virtuoso, come in una folle rincorsa che si apre con Splish Splash, un brano nella migliore tradizione rock: è una musica che ti prende, ti fa girare la testa, ti risuona nel petto, ti martella piacevolmente i timpani.
Be bop a lula
“Mi ricordo i miei inizi: ci pagavano con i mandarini – Matthew Lee ha il dono dell'ironia garbata - Io sono nato a Pesaro, la città natale di Rossini. Erano gli anni Novanta, i miei mi mandano al conservatorio, ma io volevo suonare il rock. Caricavo i miei video su YouTube, finché un giorno mi chiama Paolo Limiti per partecipare al programma Ci vediamo in TV in diretta negli studi Rai di Milano con un'orchestra gigante. Mi chiede di suonare Be bop a lula e da quel momento tutti mi vogliono. Ricordo con affetto Paolo che ci sta guardando da lassù”. Il brano di Gene Vincent infiamma la platea e l'energia sale di livello.
Contaminazioni geniali
Il pianista prosegue il suo racconto di vita: “Per me la musica classica era noiosa, io volevo aggiungere fronzoli a Beethoven, ma non si poteva. Tra i dischi di mio padre sceglievo Elvis Presley e Richard Clayderman, che ha venduto più dischi di Michael Jackson, lo sapete, vero? Lui mi piaceva, ma non ero ancora arrivato al centro del cuore. Poi ho scoperto Keith Emerson e finalmente una musica in cui si poteva improvvisare, ma volevo ancora di più. Quando ho sentito Little Richard, finalmente ho trovato la mia strada: ho iniziato a mischiare tutti i generi e mi hanno radiato da tutti i conservatori del regno”. Ride compiaciuto e attacca con un medley di geniali contaminazioni: Beethoven, Ultimo tango a Parigi, Mozart, Rossini, Morricone con il pubblico che si diverte a riconoscere gli eccentrici ed originali passaggi musicali da un autore all'altro.
Lezione di rock
Matthew Lee, incontenibile nella sua indole vulcanica, riesce anche a dare una "lezione" di composizione musicale su come si scrive un brano rock, prendendo a modello i mostri sacri: nasce così il brano Tempo d'altri tempi, suonato anche con i piedi. Dopo l'esecuzione de L'isola che non c'è di Edoardo Bennato, in una versione che non stupisce sia piaciuta al cantautore partenopeo, lo show si chiude con il re del rock sdraiato sul piano, che rotea un piede a mezz'aria e suona la tastiera di schiena, con il pubblico che già grida a gran voce bis, battendo le mani e anche i piedi a terra, quasi a voler scaricare l'eccitazione per una serata pirotecnica ed un artista strepitoso.