09-07-2019 ore 11:31 | Cultura - Musica
di Andrea Galvani

Verona. King Crimson celebration tour 2019. All’Arena è stato un inarrestabile crescendo

Ventidue canzoni (con un bis). L’Arena di Verona è tanto ricca di storia da restituire in intensità, creatività e potenza uno spettacolo di livello eccelso, aperto e chiuso da una standing ovation: la prima in segno di accoglienza, affetto e rispetto, la seconda - due e mezza abbondanti dopo - come chiaro esempio di gratitudine e riconoscenza. Durante la seconda serata italiana – dopo Palmanova e prima di Torino e Perugia – i King Crimson hanno saziato il desiderio del pubblico di ascoltare brani tratti dai primi album e dato libero sfogo alla propria implacabile volontà di sperimentazione. Di vivere il luogo. Fino in fondo. Raccogliendone la storia e riproponendola sotto forma di emozione ed energia.

 

Vasto repertorio

Tra applausi a scena aperta, passaggi orchestrali di rara maestria e fulminanti sprazzi di virtuosismo – sapientemente e democraticamente distribuiti tra tutti i componenti del gruppo, da Mel Collins a Jakko Jakszyk - hanno fornito freschezza ad un repertorio che in alcuni casi raggiunge i 50 anni. Accanto ad Epitaph, Pictures of a city e Starless (resa unica da un’incertezza), hanno trovato posto One more red nightmare, Cat food, Frame by frame; The construKction of light, Indiscipline, due Radical action, Larks tongue in aspic five. Anche lo spettacolo ha avuto la sua parte, con ‘citazioni’ provenienti da esibizioni leggendarie: parti di una travolgente The sheltering sky suonate in piedi – pad elettronico in mano - da Pat Mastelotto e Gavin Harrison che, insieme a Jeremy Stacey, si sono anche concessi un lancio di bacchette al cielo e un inatteso, formidabile stand up.

 

Evento straordinario

Grazie alla sontuosa scenografia naturale, la predisposizione all’ascolto e mantenendo l’armonia dei brani sul filo del silenzio, nella transizione da Moonchild a In the court of the Crimson king (guidata dagli assoli Tony Levin e Robert Fripp) si è raggiunto il vertice emotivo della serata, la sensazione che musicisti e pubblico fossero una cosa sola. Già, il pubblico: “Quando le persone si riuniscono con buona volontà – ama ripetere mister Fripp - può accadere qualcosa di straordinario e andare meglio di quanto ci possiamo aspettare e meritare”. Detto questo, “ogni performance è unica. Non è mai successo prima. Non accadrà mai più. Siamo qui o non lo siamo”. E come insegna Indiscipline, “I wish you were here to see it”. Chi c’era ne ha avuto piena dimostrazione e una serata da ricordare. L'ennesima, in compagnia del Re.

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