07-04-2023 ore 20:28 | Cultura - Incontri
di Annamaria Carioni

Lezione di sogni al Ponchielli: Paolo Crepet parla del suo metodo educativo ritrovato

Buio in teatro, luci stroboscopiche illuminano il palco. In sottofondo l'inconfondibile voce di Bruce Springsteen canta “Dream Baby Dream”: sogna, piccola, sogna, continua a sognare, mantieni la luce accesa, apri il tuo cuore, questo dice la canzone, che accompagna l'ingresso sul palco di Paolo Crepet. Un occhio di bue illumina i baffi, la barba e i capelli candidi di un uomo che di vita ne ha vissuta abbastanza da poter dichiarare con fierezza di essersi affrancato dagli schemi, dai condizionamenti, di essere libero. Psichiatra, sociologo, educatore, saggista ed opinionista, autore di libri, il professore apre il secondo appuntamento della rassegna Ponchielli Talk con la sua “Lezione di sogni”.

 

Come si inizia a sognare?
Crepet racconta di aver imparato da suo nonno, un “vero falsario” di storie, che, prima di morire, gli ha detto: “ Continua tu, fai sognare qualcun altro, io vado, rimani te”. Da lui lo psichiatra ha imparato che la più grande ricchezza non sono i soldi, ma la curiosità e da allora lo ripete a generazioni di ragazzi e ragazze che hanno tutto, senza aver più nulla da desiderare, e di genitori che non sanno dire di no. Le sue battute sarcastiche da consumato attore comico provocano frequenti risate in platea e nei palchi, ma forse non si dovrebbe ridere. Le espressioni ben studiate sono sferzanti e colpiscono impietosamente i comportamenti disfunzionali in primis delle figure genitoriali, come per esempio quella mamma che accompagna il figlio maggiorenne al primo colloquio di lavoro ed interviene al suo posto.

 

Be you, sii te stesso
“Ho chiesto che le luci in sala restino accese per non farvi dormire. Vi vedo smarriti. Ci siete?”. Il tono è ironico, provocatorio. Crepet ingaggia i presenti in un dialogo fitto di concetti e di domande, che non sono retoriche, presuppongono al contrario risposte partecipate. “Ci sono tutorial anche sulle crostate, non siamo nemmeno più liberi di scegliere la marmellata.” Le risate lasciano il posto a riflessioni accorate sui giovani che si spengono, che vivono di tecnologie e non sanno più annusare, gustare, toccare l'altro e la loro stessa vita. L'ambizione diventa una parolaccia, studiare troppo faticoso a prescindere.

 

Libertà e indignazione
“La sofferenza è disgustosa, l'abbiamo abolita. Abbiamo abolito il dolore, la creatività e ce ne stiamo sul divano a guardare interminabili serie tv. Siamo atterriti dalla vita”. Crepet pungola la platea, insiste sulla necessità di tornare ad appassionarsi, a provare indignazione, a soffrire per crescere, ma se manca la libertà questo non è possibile. Ed ecco l'ennesima provocazione: “Vi vedo, non ce la fate a non controllare se vi è arrivato un whatsapp”.

 

Per incantare ne devi fare di strada.
A sostegno delle sue tesi, Crepet si addentra con disinvoltura in un mare magnum di aneddoti e ricordi personali, che si aprono uno dentro l'altro come scatole cinesi: l'incontro con Renzo Piano, che da bambino “guardava l'infinito dal terrazzo di casa” e si applicava con cocciutaggine ai suoi progetti e la conoscenza di Salvatore Accardo, che, ottantenne, ancora studia con abnegazione e non smette di esercitarsi con il suo violino per migliorare costantemente. Questi sono gli esempi da seguire, perchè “l'intelligenza per mantenerla è un lavorone”.

 

Desideri senza stelle
Il filo, che lega tutti questi racconti è il sogno, come motore in grado di generare il desiderio. I sogni sono “desideri”, dall'etimologia della parola latina “senza stelle” perchè “le stelle le devi cercare e per farlo devi guardare in alto”. Ai giovani non bisogna comunicare la rassegnazione, è necessario e doveroso non trattarli come “cretini che non sanno prepararsi lo zainetto”.

 

Cacciatori di orizzonti
La serata si avvia verso la conclusione, anche se nessuno dei presenti ha fretta di andarsene, nonostante le sferzate ricevute. Crepet cita una frase di Casanova: “L'erotismo è salire le scale” come a ripetere ancora una volta, seppur con una diversa declinazione, che ciò che conta è il desiderio, lo sguardo fisso verso l'orizzonte. “Non fate i furbi” il professore incalza il pubblico un'ultima volta “Nella vostra riserva indiana, qui a Cremona, voi siete tutti bravi, vero? Voi fate quello che volete, non cerco il vostro consenso.”  Con queste parole, lo psichiatra educatore saluta il pubblico, che lo ricambia con un lungo e scrosciante applauso.