05-02-2020 ore 14:00 | Cultura - Libri
di Andrea Galvani

Chloròs, nei nuovi racconti di A. G. Twain il lato malforme e tetro della dolce provincia

Il cloro venne scoperto nel 1774 da Carl Wilhelm Scheele ma fu il grande scienziato Humphry Davy a dargli il nome col quale tutti lo conosciamo. Prese dal greco il termine che traduce esattamente il colore col quale l’elemento chimico puro si presenta, un gas diatomico verde pallido. Chloròs è anche il titolo di una serie di racconti brevi scritti da A. G. Twain – lontano discendente del noto autore – per raccontare le nefandezze quotidiane di una cittadina di provincia come tante, forse troppe. Spiccatamente occidentale, orgogliosamente votata al consumismo – morale, ambientale, culturale - seppur con crescenti ghettizzazioni.

 

Il sistema immunitario

In natura il cloro si trova soltanto combinato con atri elementi. Gas altamente reattivo, non tende a muoversi nel terreno ed entrare nell'acqua freatica. È ampiamente usato nella produzione di prodotti cartacei, antisettici. Nei coloranti e negli alimenti, in insetticidi, vernici e prodotti petroliferi. Nella plastica, nelle medicine e nei tessuti, nei solventi ed in molti altri prodotti di consumo. Le piante e gli animali non tendono ad immagazzinare il cloro. Tuttavia, ricerche di laboratorio hanno mostrato che l'esposizione ripetuta a cloro gassoso può interessare il sistema immunitario, il sangue, il cuore e l'apparato respiratorio degli animali.

 

Il silenzio delle proprie famiglie

Ambientati sul finire del secolo scorso, questi racconti - attuali e perturbanti - si aprono con la feroce rappresentazione di una borghesia tanto ipocrita quanto bolsa, quotidianamente affaticata a propagandare la propria battaglia in difesa dei diritti altrui – con particolare ossessione per ciò che è legato o discende dalla libertà sessuale, spirituale o d’associazione - per colmare il vuoto dei propri rapporti personali ed il silenzio delle proprie famiglie. Da manuale la descrizione della grande festa di Carnevale, spogliata del frizzante sapore agrodolce della satira, scippata all’infanzia in nome della propria volgare autorappresentazione. Nel tempo del politicamente corretto, una lettura decisamente scomoda. Oppure malinconicamente comica.

 

Lo spirito del tempo

Fulminante la riproposizione quasi grottesca di una presunta classe dirigente illuminata, costretta a reiterare ampollose cerimonie in chiese ormai sconsacrate. Premi al progresso, comprati a caro prezzo in cambio di qualche mazzo di fiori, sparuti messaggi social, goffi inchini e profusi baciamano. Con lo spirito del tempo, avverte Carl Gustav Jung, non è lecito scherzare: è una religione, o meglio ancora una confessione, un credo, a carattere completamente irrazionale, ma con l’ingrata proprietà di volersi affermare quale criterio assoluto di verità. Pretende di avere per sé tutta la razionalità. Lo spirito del tempo si sottrae alle categorie della ragione umana. È un’inclinazione, una tendenza di origine e natura sentimentali, che agisce su basi inconsce esercitando una suggestione preponderante sugli spiriti più deboli e trascinandoli con sé. Pensare diversamente da come si pensa oggi genera sempre un senso di fastidio e dà l’impressione di una cosa non giusta; può apparire persino una scorrettezza, una morbosità, una bestemmia, ed è quindi socialmente pericoloso per il singolo.

 

Oscura, tetra, malforme

Sembra invece scritto sull’altra faccia – quella oscura, tetra, malforme - del movimento MeToo, la storia di una piccola associazione religiosa, “aggrovigliata come una pianta parassita agli organi vitali della comunità”. A lei si riferiscono bollettini informativi intrisi di necrologie, carichi di odio poco velato ma palese disinformazione, melliflue e stucchevoli trasmissioni radiofoniche istituti educativi costruiti in strutture in tempo di guerra utilizzate come luoghi di prigionia e tortura. Di manifesto carattere mafioso, utilizzano la minaccia e la moina per impedire ai propri dipendenti qualsiasi forma di libertà, giungendo a decidere dell’esistenza dei congiunti in nome dell’appartenza ad un ‘bene’ superiore.

 

Il fenotipo esteso

Parafrasando Richard Dawkins, l’autore ne coglie l’essenza ricalcando il saggio del Fenotipo esteso: “il comportamento di questi animali tende a massimizzare la sopravvivenza dei geni di quel modo di vivere”. I corpi di questo piccolo universo – La settimana infernale è il titolo del racconto - paiono affacciarsi alla miseria della propria morale, ma scelgono di vivere (agevolati dalla debole spina dorsale) “in funzione dell’unità ereditaria fondamentale degli organismi viventi”. Addirittura sferzante, Twain, quando in chiusura del volume, ricorda: “Il cloro si usa come sbiancante per la polpa del legno e per produrre la carta, con particolare predisposizione nella rimozione dell’inchiostro nelle industrie di riciclaggio della carta”.

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