04-06-2025 ore 20:42 | Cultura - Incontri
di Patrizia de Capua

Smentisce banalità e luoghi comuni il racconto dell’età classica della Grecia di Franca Landucci

La geopolitica della Grecia nel IV secolo a. C.: dall’autonomia alla sudditanza è il titolo dell’incontro di sabato pomeriggio a cura degli ex alunni del Liceo Ginnasio “Alessandro Racchetti”. Titolo, a prima vista, per alcuni poco accattivante, ma la docente dell’Università Cattolica di Milano Franca Landucci stupisce tutti, e convince dell’attualità del tema anche gli scettici presenti in Sala Cremonesi. E ciò sulla scorta di studi sfociati fra l’altro nel suo libro La Grecia del IV secolo. Dall’autonomia delle poleis alla tutela degli imperi (Roma, 2025). Leggo in internet che il volume offre “una lettura che, lontana dai canoni tradizionali, evidenzia come in realtà le poleis greche, comprese Sparta e Atene, fossero inizialmente sotto la tutela dell'impero persiano per passare in seguito sotto quella dell'impero macedone, costruito da Filippo II e Alessandro Magno. Le regole della cosiddetta pace comune o pace del re, infatti, facevano del re di Persia, prima, e del re macedone, poi, i garanti degli equilibri geopolitici della Grecia intera. Questa interpretazione predilige, rispetto all'analisi minuta delle guerre per l'egemonia tra le varie poleis, la ricostruzione della realtà di tutto il Mediterraneo orientale, inserendo la storia della Grecia in una visione geopolitica di ampio respiro”.

 

Una visione d’insieme

L’incontro con la prof. Landucci è focalizzato sulla storia della cosiddetta epoca classica nell’antica Grecia, e in particolare sulla lunga guerra del Peloponneso (431-404 a. C.), durante la quale si scatenò una devastante peste che costò la vita a Pericle, e una serie di eventi che costarono la vita alla democrazia ateniese. Primo aspetto: la storia antica è stata spesso studiata in prospettiva eurocentrica, dimenticando quei popoli orientali che i Greci chiamavano barbari, ma che per certi versi vantavano antiche civiltà e soprattutto un vastissimo impero molto ricco: l’impero persiano governato dal Gran Re, o Re dei Re, ai tempi della guerra del Peloponneso Dario II, salito al trono dopo dispute dinastiche commiste a feroci fratricidi. Questo impero fu determinante per l’esito della guerra. Il primo consiglio è dunque: non disperdiamoci nelle minuzie delle scaramucce fra città greche o nella definizione delle “fasi della guerra”, ma privilegiamo uno sguardo globale sul mondo di allora, che grosso modo coincideva con quello dei popoli affacciati sul Mediterraneo. Scopriamo così che la Grecia, dopo aver vinto le guerre persiane, restava divisa fra regioni differenti per orografia, idrografia e risorse alimentari, e deteneva il controllo delle colonie ioniche sull’Egeo, come Mileto, Efeso, Colofone, Clazomene. Nomi che evocano altri nomi. Talete, Anassimandro, Anassimene, Eraclito, Senofane, Anassagora, per non parlare delle isole: Chio, patria di Aristone, Samo di Pitagora, Coo di Ippocrate, medico-filosofo. Insomma, è là che nasce e si sviluppa la filosofia che chiamiamo occidentale.

 

Contro i luoghi comuni

Secondo aspetto: i luoghi comuni sono fatti per essere contraddetti, e Franca Landucci propone la sua lectio magistralis attraverso uno scavo storico-filologico con grande perizia e ricchezza di argomentazioni. Il luogo comune in questione è “la storia la scrivono i vincitori”. Quindi, nel tracciare un percorso della guerra del Peloponneso, dovremmo avvalerci di una storia narrata da Spartani e Persiani. E invece no. La storia la scrivono gli Ateniesi, sconfitti dai Lacedemoni grazie al denaro del Re dei Re. E infatti ciò che sappiamo di quella guerra è stato scritto in parte da Erodoto (venuto da Samo ad Atene ma morto pochi anni dopo l’inizio della guerra), e soprattutto dagli ateniesi Tucidide e Senofonte.

 

I Persiani in soccorso degli Spartani

Sparta, dotata di un ottimo esercito per battaglie su terra, aveva qualche problema con la flotta. Ma l’intervento provvidenziale di un satrapo, Ciro il Giovane, figlio di Dario II, le consentì di crearsene una ben equipaggiata. Grazie alle sovvenzioni persiane, Sparta arriva infine a sconfiggere gli ateniesi ad Egospotami. Dopo la vittoria, però, morto il re Dario, in Persia si scatena una guerra di successione, poiché Ciro, con il sostegno della madre, contende il titolo al fratello maggiore, con il pretesto del solito cavillo di legge: solo lui è porfirogenito, nato nella porpora, ossia dopo che il padre è assurto al trono. Per supportare Ciro, dalla Grecia parte una spedizione di diecimila mercenari, fra i quali Senofonte, che ne rende conto nell’Anabasi. La fine della guerra del Peloponneso, comunque, costringe Atene a cedere al Re le città costiere dell’Anatolia, conservando solo le isole, e a rinunciare alla flotta quasi intera. Vengono abbattute le lunghe mura e le fortificazioni del Pireo. Sparta non si comporta da nemico spietato, poiché si oppone a chi vorrebbe il gesto estremo della distruzione di Atene. Seguono le note vicende dei Trenta Tiranni, governo oligarchico filospartano dalla vita breve. Presto ritorna la democrazia, che condanna a morte Socrate.

 

Il silenzio dei vincitori

Su queste vicende non abbiamo a disposizione la “storia dei vincitori”. Infatti i Persiani non producono narrazioni scritte, e si limitano a tramandarci iscrizioni e lavori di tipo compilatorio. Quanto a Sparta, che sorge nella Laconia, tace o si esprime in un linguaggio scarno e laconico. La storia, in questo caso, è “storia dei vinti”. Per interpretarla, spiega la prof., occorre una lettura in filigrana, attenta ad ogni possibile fonte e ad ogni sfumatura del linguaggio.

 

Pugno di ferro in guanto di velluto

Queste vicende, sintetizzate nell’essenziale, contengono spunti che riguardano il mondo contemporaneo: c’è un grande impero ricchissimo che offre protezione a popoli più poveri e deboli, e approfitta di una guerra intestina fra questi ultimi per affermare la propria egemonia. Qualcuno potrebbe dire che, dopo la seconda guerra mondiale, è capitato anche a noi. Dapprima “siamo stati fortunati”, poiché abbiamo avuto a che fare con un “pugno di ferro in guanto di velluto”. Oggi non c’è più nessun guanto. Non so se tale ricostruzione possa essere in tutto condivisibile, ma resta una certezza: se la storia della guerra del Peloponneso è stata scritta dagli ateniesi sconfitti, e non dagli spartani vincitori, è per un motivo preciso. Mentre Sparta si dedicava all’arte militare, Atene creava opere immortali del pensiero filosofico e poetico, monumenti architettonici che, se non fosse per colpa del tempo, ci abbaglierebbero ancora con colori vivacissimi, luccicanti nel paesaggio mediterraneo. E poi regole di convivenza democratica. Chi trasgredisce il precetto sacro a Zeus dell’ospitalità viene punito e fa la fine di Polifemo che divora i suoi ospiti, o dei Proci che respingono Odisseo mendicante in incognito. Questi sono i veri incivili, i barbari.

 

Sì, viaggiare

Tutto ciò conferma ulteriormente che i classici non hanno bisogno di essere attualizzati, perché sono attuali. Con un’ardita trasposizione, potremmo organizzare un viaggio in Grecia servendoci della guida di Pausania il Periegeta, “guida turistica” del II secolo d. C., originario dell’Asia, che descrisse i luoghi dell’antica Grecia con attitudine di storico ed erudito: oggi diremmo antropologo. Emuli di Michael Portillo, che viaggia per l’Europa e per il mondo con le guide ferroviarie Bradshaw e Appleton’s dell’Otto/Novecento, sperimenteremmo i cambiamenti dei luoghi ma anche la permanenza di alcuni tratti caratteristici della classicità, così come di ciascuna epoca e cultura. Consigliabile la trasmissione televisiva su Rai 5. Per quanto riguarda l’opera di Pausania, vi leggiamo anche notizie significative sulla guerra del Peloponneso, con uno sguardo a Tucidide, ma non senza una palese ammirazione per Sparta. Interessante sapere che disponiamo di una traduzione del professor Salvatore Rizzo, che per alcuni anni insegnò al “Racchetti” con pugno di ferro e guanto non sempre di velluto, apprezzato dagli studenti, benché trepidanti di fronte alle sue severe valutazioni.

 

Res gestae e historia rerum gestarum

Dopo la guerra del Peloponneso, dopo la grande impresa di Alessandro Magno, dopo i regni dei diadochi (successori), i Greci verranno sconfitti dai Romani, ancora più abili di loro nella guerra. Ma anche abbastanza intelligenti per capire che Graecia capta ferum victorem cepit: la Grecia conquistata conquistò il rude vincitore. E chi scrive la storia di Roma? Ennio, Livio, Cesare, Tacito, Svetonio, Sallustio… Certo, ma poi anche Plutarco e Polibio, greci che scrivono in greco. La storia vissuta (res gestae) resta muta senza la storiografia, la storia narrata (historia rerum gestarum). Vinti e vincitori nelle guerre cadono comunque nell’oblio, se nessuno ne tramanda la memoria. Chi giunge ad Atene viene affascinato dai monumenti del passato. Chi si reca a Sparta trova un paesino senza storia. Ospita, è vero, un museo archeologico. E una statua di Leonida. Ma il più noto monumento all’eroe spartano, opera dell’ateniese Vassos Falireas, si trova alle Termopili. I Trecento di Leonida con il loro sacrificio salvarono tutti, Spartani e Ateniesi, dall’allora nemico persiano (480 a. C.). Così va il mondo.