03-08-2018 ore 20:39 | Cultura - Crema in litteris
di Nicolò Premi

Meneghezzi, l’estate cremasca di un placido professore di grammatica dell'Ottocento

Nel caldo agosto del 1841 a Crema veniva terminata la traduzione del Précis de l’histoire de la littérature française (1836) di Désiré Nisard. Si tratta di un agile compendio di storia della letteratura francese dalle origini all’Ottocento in cui Nisard, professore dell’Accademia di Francia, traccia un conciso profilo del genio letterario francese pensato come un’introduzione, un assaggio che invogliasse soprattutto i neofiti ad approfondire gli scrittori francesi con più completi strumenti critici. Il cremasco traduttore dell’opera dichiarava nella sua Prefazione di avere scelto di volgere in italiano il libretto del Nisard in primo luogo a vantaggio dei giovani italiani i quali «non amano lo squadernare grossi e molti volumi» e, in generale, dedicava l’opera a chiunque in Italia fosse «amico della concisione» e interessato alla letteratura d’Oltralpe.

 

Letterato cremasco di spicco

Questa traduzione venne pubblicata nel 1841 a Milano e portava la firma di Ferdinando Meneghezzi, letterato cremasco di spicco del XIX secolo. Meneghezzi appartiene a quella schiera, ancora oggi nutrita, di professori di licei di provincia che, lontani dalle troppo angoscianti ambizioni accademiche, vivono insegnando al mattino e scrivendo e coltivando le belle lettere per tutto il resto del tempo. Sebbene fosse nato a Mantova nel 1800, a diciotto anni si trasferì a Crema dove rimase fino alla morte, avvenuta il 21 luglio del 1863. A Crema fu per trentacinque anni professore di grammatica al pubblico ginnasio e anche se avrebbe avuto senz’altro le qualità per aspirare a ben più illustri e remunerate posizioni, per il suo carattere tranquillo e schivo, autoironico e un po’ fifone, preferì godere della tranquillità di una cattedra di campagna fino alla pensione.

 

Nel giardino della letteratura

Del resto, è lui stesso a confessare nelle sue Memorie che, un po’ per pigrizia, un po’ per timore, non sarebbe mai riuscito a sostenere un altro esame per diventare magari professore universitario: si accontentò così per tutta la vita dei pochi spiccioli che guadagnava insegnando le declinazioni ai giovinetti cremaschi. Eppure, nonostante il suo atteggiamento ritroso, tutta la sua vita si svolse, per usare le sue stesse parole, «nel delizioso giardino della letteratura» e fu condita da un’inarrestabile attività pubblicistica.

 

Una pagina decisiva del Risorgimento

L’elenco dei suoi scritti, editi e inediti, è lunghissimo: scrisse venti commedie (composte imitando il modello di Goldoni, suo ideale maestro letterario di cui si sentiva erede), decine di articoli di letteratura, costume e politica, poesie, una monografia su Goldoni e, non ultimo, il famoso Diario delle cose più notabili avvenute in Crema nel marzo 1848 (conservato manoscritto al Museo civico) in cui racconta, da spettatore più che da attore, una pagina decisiva del Risorgimento italiano nella nostra città. Tra i numerosi articoli che scrisse se ne segnala uno pubblicato sulla «Gazzetta privilegiata di Milano» dal titolo I vantaggi delle piccole città, un delizioso quadretto in cui, non senza ironia, si descrivono usi e costumi delle piccole città lombarde come Crema, estranee ai progressi dell’industria e alle raffinatezze letterarie, ma oasi serene e placide in cui vivere.

 

Dante o Victor Hugo, i philosophes o Vico

Per quale motivo questo simpatico professore di campagna decise di cimentarsi nella traduzione di un compendio di storia della letteratura francese? Il confronto con la Francia e con la sua civiltà letteraria fu in effetti centrale nella vita del Meneghezzi letterato. Ideale allievo di Goldoni in un tempo in cui il teatro goldoniano cominciava a essere soppiantato da quello francese, il professore cremasco polemizzò per tutta la vita con il genio letterario d’Oltralpe. Per questo scrisse articoli su rassegne critiche milanesi in cui opponeva Dante a Victor Hugo, Giambattista Vico ai philosophes francesi, e non si rassegnò mai ad adeguare le sue commedie al gusto francese allora di moda. Forse fu anche questo uno dei motivi per cui il Meneghezzi non raggiunse mai il successo che sperava per la sua opera: non volle adeguarsi ai mutamenti del gusto rimanendo arroccato su un’idea di teatro schiettamente italica ma ormai considerata imparruccata e codina.


Cognizione di causa

Dalla vicenda intellettuale di Meneghezzi però possiamo trarre un insegnamento: in lui l’avversione per la Francia non si tradusse mai in un volgare dispregio. Meneghezzi voleva riflettere sullo spirito della letteratura francese per opporvi con cognizione di causa la tradizione letteraria italiana. Per questo non si limitò a ignorare la Francia e le sue lettere persistendo ciecamente nelle sue convinzioni, ma dedicò addirittura una delle sue estati di professore di liceo alla traduzione in italiano di una delle opere del suo tempo che meglio compendiava quell’esprit letterario francese che proprio non riusciva a tollerare. Per respingere bisogna prima conoscere.

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