03-04-2021 ore 19:58 | Cultura - Incontri
di Gloria Giavaldi

Post Covid: necessario un nuovo modello di lavoro, restituendo la dignità agli esclusi

La crisi che sta investendo il pianeta riguarda tutti gli ambiti del vivere quotidiano: dall'ambiente, al lavoro, al sociale, fino alla politica. “È la crisi di un sistema che non si riproduce più”. Per questo è opportuno riflettere per maturare soluzioni necessarie a dare dignità agli esclusi. Questo, in estrema sintesi, lo spunto derivato dall'enciclica Laudato Si di Papa Francesco di Alessandro Grassi, filosofo cremasco impegnato nel progetto di ricerca Il futuro del lavoro dopo la Laudato si,. Tema al centro dell'incontro organizzato nei giorni scorsi dalla Commissione diocesana per la pastorale sociale e del lavoro di Crema. Un'iniziativa coordinata dalla Commissione cattolica internazionale per il migrante di Ginevra.

 

Categorie atipiche

Per Grassi in questa situazione critica si rende necessario “pensare ad un nuovo modello di lavoro”. Capace, anzitutto, di valorizzare quelle categorie atipiche che hanno cambiato il mercato con competenze ed esigenze diverse e che si sono fatte spazio senza politiche pubbliche. Tra loro, in prima battuta: “le donne, i migranti, le minoranze etniche”. “All'interno del progetto di ricerca ci siamo chiesti quale fosse la capacità di queste categorie di costruire un lavoro dignitoso, tenuto conto del salario, dei diritti di organizzazione, dell'accesso alla protezione sociale e del dialogo sociale”. La risposta ottenuta non è incoraggiante: “siamo giunti a capire che queste categorie oggi non hanno la capacità di costruire un lavoro dignitoso”. La causa principale è “l'internazionalizzazione degli investimenti, del processo di sviluppo del mercato del lavoro e quindi dei contatti”. In definitiva, dei legami.

 

L'importanza della cura

Sul tema del lavoro dignitoso, Grassi precisa: “è dignitoso il lavoro che garantisce la realizzazione di se stessi. Ma per i cattolici lavoro dignitoso è anche capacità di cocreare nel senso di accompagnare, ovvero di prendersi cura del pianeta”. D'altro canto, anche la cura è lavoro: “prendersi cura degli altri rende i lavori essenziali”. È questo il cambiamento di prospettiva da rincorrere per “dare visibilità a quei lavori di cura non riconosciuti: pensiamo al lavoro domestico o alla cura delle relazioni”. La cura di noi stessi e degli altri, come spiega Papa Francesco nell'enciclica, è alla base dell'ecologia integrale, “che integra le varie dimensioni del vivere, da quella individuale a quella collettiva”.

 

Custodi del creato

Francesco opera una rottura con la tradizione cattolica che intende gli uomini signori del creato. “Gli esseri umani diventano custodi del creato. Allo stesso modo, la terra non è stata creata per essere da loro sfruttata, ma coltivata”. Gli uomini la accompagnano a scoprire ciò che in realtà già è. “Coltivano la sua essenza”. Se ne prendono cura. “Questo – spiega Grassi – è un punto di partenza diametralmente opposto alla logica del profitto sottesa al sistema economico, ma è quello adeguato per ascoltare realmente ciò che il Papa definisce il grido di dolore del pianeta”.

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