La sala Cremonesi, situata al primo piano del Museo Civico di Crema e del Cremasco, fatica ad accogliere la folla di persone, che ha voluto essere presente nel primo giorno di marzo all'incontro dedicato al ricordo di don Agostino Cantoni, un uomo che continua a vivere nel cuore di molti, L'atteso appuntamento, inserito nel ciclo di eventi “Il sabato del Museo", è stato realizzato a cura dell'Associazione degli ex Alunni del Liceo Ginnasio “Alessandro Racchetti” di Crema nell'anniversario dei cento anni dalla nascita dell'indimenticabile sacerdote cremasco.
Un uomo da ricordare
Irene Formaggia, docente presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e membro attivo dell'Associazione ex alunni Racchetti, che si è spesa alacremente nell'organizzazione dell'evento, ha aperto il giro degli interventi, illustrando le molteplici ragioni che hanno portato alla decisione di dedicare un pomeriggio a don Agostino, che, pur non volendo figurare ufficialmente tra i soci fondatori, è stato ispiratore e promotore della nascita dell'Associazione in seno al liceo classico cittadino, dove ha insegnato dal 1962 al 1972, valorizzando ogni alunno nella sua unicità e trasmettendo a tutti profonda umanità e spessore culturale. Quindi, la prima relatrice ha riassunto brevemente le tappe salienti della vita del sacerdote.
Ricordi ed emozioni
Moderatore dell'importante evento, Walter Bruno, giornalista cremasco e direttore della comunicazione presso il Gruppo Ospedaliero Humanitas, oltre a dirigere abilmente i vari interventi, ha condiviso ricordi personali con il folto pubblico: “Mi manca la sua telefonata – ha detto con emozione, mentre sullo schermo, posto alle spalle dei relatori, scorrevano le foto di una vita dedicata al servizio degli altri, soprattutto dei più fragili, dei più deboli, degli ultimi - Non è facile raccontare la complessità di questo gigante. Non abbiamo optato per la forma del convegno; sarà piuttosto una chiacchierata tra amici, che hanno conosciuto di lui una diversa angolatura. Saranno flash della sua vita”.
Intellettuale e filosofo
Franco Gallo, già preside del liceo scientifico da Vinci di Crema, consigliere della Fondazione San Domenico e dirigente tecnico presso l'ufficio scolastico regionale per la Lombardia, autore di numerose pubblicazioni di didattica della filosofia e di ricerca storica e teorica in campo filosofico, antropologico e letterario ha ricordato il suo rapporto da filosofo a filosofo con don Agostino, che apparteneva ad una dimensione del pensiero cattolico, attenta ai segni dei tempi. Lo studioso ha poi introdotto il concetto del "realismo della significanza", che si traduce concretamente nella possibilità che persone diverse ed eterogenee attraverso relazioni concrete formino un reticolo, una dimensione sociale condivisa.
Camminare sulla seta
Sottolineando le qualità di formidabile comunicatore del compianto sacerdote, Walter Bruno introduce l'intervento di Nicoletta Matelloni Bandirali, anch'essa ex alunna del Racchetti, che si concentra sulla lettura cristologica della teoria evolutiva, in dialogo con la scienza e con l'approccio filosofico di Tehilard de Chardin senza però dimenticare, in veste di parrocchiana, “la luce sempre accesa nello studio per studiare e la porta sempre aperta per accogliere chi si recava da lui. Camminare sulla seta è lasciarsi sollecitare. Don Agostino era allergico alle nostalgie del passato, che lui chiamava amarcord,”
L'impegno nella Fuci
Con l'intervento dell'architetto Edoardo Edallo i presenti sono saliti sulla macchina del tempo e sono tornati negli anni settanta, quando don Agostino era assistente della Fuci cremasca, gruppo da cui uscirono molto professionisti della città. “La generazione successiva lo ebbe come sapiente maestro e in quegli anni iniziò l'aiuto scolastico ai ragazzini di via Valera".
Amante di cinema e fotografia
Daniela Ronchetti ha sottolineato quanto don Agostino avesse sviluppato un'attenzione all'immagine non solo per il suo valore estetico, ma come mezzo di diffusione di messaggi, Nel solco di Inter mirifica, il decreto del Concilio Vaticano II sugli strumenti di comunicazione sociale, il prete cremasco intendeva il cinema come uno strumento educativo e di evangelizzazione per creare un nuovo contatto con i giovani. A lui si deve l'invenzione del cineforum, con la visione di pellicole d'autore, molto impegnative, che portavano a profonde riflessioni e dibattiti per la crescita personale.
Esperienza teologica e pastorale
Don Federico Bragonzi ha ricordato l'arrivo in parrocchia di don Agostino e la sua vocazione missionaria: “Di ritorno dal Sud America indossava stole a colori sgargianti, come in una forma di comunione con quei popoli e qui tra noi – racconta con emozione il missionario - Nella sua agenda del 1980 teneva con puntiglio e precisione il diario quotidiano di ogni giorno trascorso in Venezuela e i suoi appunti sono in spagnolo. Credo che avrebbe amato un Papa come Francesco”.
La conversione nasce dal cuore
Vittorio Vantadori, una delle colonne portanti della parrocchia di San Giacomo, ha ricordato con affetto la nascita del Gruppo Handy, le messe in palestre, l'attenzione ai migranti e alle esigenze concrete della storia. “Don Agostino si cala nelle realtà di povertà della parrocchia, che aveva zone ricche e zone malfamate. Capita all'improvviso nelle case e torna con la volontà di occuparsi dell'handicap, che allora voleva dire povertà sociale, fatica economica e povertà psicologica. Coinvolge i giovani in questo progetto e in stretto contatto con l'Associazione Papa Giovanni XXIII e don Oreste Benzi, nascono prima il Gruppo Handy e poi nel 1977 la Casa Famiglia con un grande supporto da parte della comunità”. Vantadori termina il suo accorato intervento con il motto "Dove loro, noi", sottolineando che i ragazzi con disabilità sono il volto incarnato di Cristo nella storia, sono il cuore della fede.
La filosofia ti morde
Patrizia De Capua ha argomentato con toni arguti intorno alla sensibilità di don Agostino rispetto al linguaggio, ricordando che il sacerdote, in un suo diario privato, parla dell'oggi culturale e della pastorale, che deve leggere i segni dei tempi. Poi cita la frase di Socrate “La filosofia ti morde e tu resti malato d'amore per il sapere, ma è anche musica per le orecchie. La filosofia è ancella della poesia, perché può esprimere impressioni ed emozioni, non ha necessità di argomentare”. Il suo intervento è stato così ricco di contenuti e suggestioni che è impossibile sintetizzarlo in poche parole senza svilirlo. La relatrice ha infine accennato al suo libro “L'eterno femminino”, che si concentra su un aspetto limitato della ricerca filosofica di don Agostino,profondo conoscitore delle teorie di Teilhard de Chardin.
La teologia di un pastore
Conclude la carrellata di testimonianze, non ultimo per importanza, Mons. Franco Manenti, Vescovo di Senigallia, che afferma di avere un debito con don Agostino e di aver ritrovato in questa sala tanti amici. “Lui non era un teologo di professione, ma un pastore di professione. La sua attività pastorale non coincide e non si esaurisce con la parrocchia di San Giacomo. Non era tenero, ci bastonava per spronarci, era una persona che affascinava. Il sapere del credente e la passione per l'umano, così sintetizzerei il suo grande lascito”.