26-08-2022 ore 19:58 | Cronaca - Crema
di Gloria Giavaldi

Inclusione lavorativa, a Crema un progetto 'per cambiare prospettiva e valorizzare le persone'

Un lavoro di rete tra servizi sociali, sanitari, servizi educativi, di orientamento al lavoro per favorire l'inclusione di persone in condizioni di svantaggio. Un progetto di prossimità, di vicinanza. Non di assistenza, ma di ascolto e contiguità per aiutare le persone fragili ad essere risorsa in ambito lavorativo e la società a cambiare prospettiva: a guardare alle abilità di ciascuno, piuttosto che alle mancanze. È questo, in pochissime parole, il progetto Proximity.cr, messo in campo da Comunità sociale cremasca con la Fondazione Caritas Madeo, la cooperativa Koala, Mestieri Lombardia e consorzio Arcobaleno, oltre a varie associazioni del territorio ed il contributo di regione, ministero delle politiche sociali, fondi europei. Se ne è parlato questa mattina nell'ambito di un convegno che si è tenuto presso la sala Cremonesi cui hanno partecipato tanti operatori sociali, del lavoro e volontari.

 

Lavoro di rete

Per la presidente dell'azienda consortile Mariangela Beretta: “questa giornata serve per raccontare la forza della rete. Il desiderio condiviso di lavorare insieme per arginare una problematica che in pandemia si è acuita, ma soprattutto è occasione per riflettere sull'importanza del tema dell'inclusione lavorativa per persone in condizioni di svantaggio. Perché il lavoro è parte della vita, è parte di noi, aiuta a realizzarsi, a pensare al futuro con maggiore serenità”. Sulla stessa linea d'onda anche il neo assessore ai servizi sociali del comune di Crema (capofila d'ambito) Anastasie Musumary per la quale “il lavoro è un mezzo di partecipazione, un'opportunità per ciascuno di noi di entrare in relazione e di dare un contributo attivo alla società”.

 

'Basta tirocini'

Centrale la relazione del sociologo Domenico Tripodi, presidente di Anffas Bergamo, per lo più focalizzata sull'inclusione delle persone con disabilità. “Non deve essere un obbligo per le aziende avere persone con disabilità o fragilità, piuttosto un privilegio. Alla base vi è una questione culturale. La presenza di persone con disabilità migliora i contesti di lavoro: li rende più umani ed empatici. Bisogna invertire la rotta. Bisogna smetterla di focalizzare l'attenzione sui deficit ed iniziare a valorizzare le persone per ciò che sono. E poi per ciò che sanno fare. Assumere una persona con disabilità non è un costo per l'azienda. Perché una persona è una risorsa umana, va solo messa nelle condizioni di mettere a frutto le proprie competenze”. Lo scatto è culturale, prima di tutto. È questione di prospettive, ma anche l'impianto normativo, con particolare riferimento alla normativa inerente il collocamento mirato delle persone con disabilità (legge 68/1999) non aiuta. Secondo Tripodi “va rivisto anche il sistema dei tirocini”, che, di certo, non favorisce una stabilizzazione e, quindi “non offre una prospettiva”. Non solo, “un lavoro fragile, non valorizzante, rende la persona ancora più fragile. Porta ad una perdita di autostima e a precarie relazioni sociali”.

 

Parità di diritti

Serve andare oltre. “Bisogna avere il coraggio di andare oltre, di guardare alle persone, a ciò che sono, senza il timore di farci del male”. Chiaramente, poi, inclusione lavorativa significa “parità di diritti, di salario, partecipazione”. E quindi “cittadinanza attiva. Il lavoro può includere o escludere in modo tranchant. Dipende da noi, dalla nostra volontà di valorizzare le persone, di farle sentire parte di un progetto”. Il sentimento prevalente, “soprattutto tra i più giovani”, a causa “del precariato imperante” è quello di “essere fuori” o “peggio, di non essere di nessuno. Di non essere coinvolti, di non avere riferimenti, di non avere prospettive”. In parole povere, di non avere futuro. Al contrario “la realizzazione, l'accrescimento dell'autostima, dati da un lavoro che gratifica producono risultati positivi anche per le aziende”.

 

Esperienze nel Cremasco

Lo si vede bene anche dai video che Tripodi ha mostrato, sintesi di esperienze, di sorrisi sorti dopo una giornata in azienda. Anche sul territorio si cerca di cambiare prospettiva in tema di inclusione lavorativa, con diverse realtà che hanno preso parte al progetto lanciato da Comunità sociale cremasca. “Il Centro riabilitazione equestre ha accolto una persona in condizione di disagio” spiega la terapista Lorena Ricetti : “dopo 14 anni è un punto fermo per la nostra organizzazione ed ha trasformato l'impiego in un lavoro stabile”. Michele Bulloni, per conto della cooperativa sociale Il melograno, ha avviato “percorsi di inserimento lavorativo per persone in condizioni di fragilità. Ora, alcune sono state assunte”. L'imprenditore Paolo Cremascoli ha raccontato “il valore aggiunto di inserire lavoratori con fragilità per loro stessi, ma anche per il team ”. Ad oggi, però, manca, soprattutto per i piccoli imprenditori “la possibilità di garantire a queste persone una stabilizzazione, servono più sussidi a livello centrale”.

 

Anffas e Ergoterapeutica

Serena Pedrinazzi e Nicola Bettinelli, di Anffas Crema e Ergoterapeutica, hanno raccontato il lavoro quotidiano a contatto con le fragilità. “Anffas dal 2017 ha attivato un Servizio diurno alternativo che non si occupa di inserimento lavorativo, ma lavora su alcuni prerequisiti proponendo attività socio occupazionali, quali la produzione di bomboniere, gioielli e marmellate”. L' Ergoterapeutica, invece, sta sviluppando nuove progettualità per coinvolgere i ragazzi in attività di consegna al domicilio. Come spiega Nicola Bettinelli: "le collaborazioni con Caritas e Over limits ci aiutano a lavorare in team e a lavorare sul progetto individualizzato di vita”. “Servirebbe a ciascuno di noi” chiosa Tripodi. Non per assistenzialismo, ma per imparare davvero a valorizzare le abilità di ciascuno di noi.

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