25-11-2016 ore 12:33 | Cronaca - Crema
di Andrea Galvani

Mauro Inzoli, le motivazioni della sentenza. Il prete, condannato a 4 anni e 9 mesi per abusi sessuali, ricorre in appello

Che fosse una figura carismatica era noto a tutti, ma il quadro si fa decisamente inquietante leggendo le 20 pagine della motivazione della sentenza di condanna a 4 anni e 9 mesi di reclusione inflitta il 29 giugno scorso a don Mauro Inzoli. Per il sacerdote di 66 anni, condannato per abusi sessuali con l’aggravante dell’abuso di autorità il pubblico ministero Roberto di Martino aveva chiesto la reclusione per 6 anni. Inzoli ha risarcito cinque minori - le due parti civili e altre tre parti offese - con 25 mila euro. Otto gli episodi di violenza sessuali contestati.

 

Le indagini del Vaticano

Dalle carte emerge come gli abusi fossero stati denunciati – a cavallo tra il 1999 ed il 2001 - prima al vescovo Angelo Paravisi – scomparso nel 2004 – e quindi al vescovo Oscar Cantoni, ora in procinto di lasciare la diocesi di Crema per tornare a Como da dove proveniva. Tra il 2009 e il 2010 è iniziato il procedimento ecclesiastico che ha portato all’accertamento degli abusi sessuali. La Congregazione per la dottrina della Fede, il 6 giugno del 2014, ha condannato Inzoli “ad una vita di preghiera e riservatezza”. Il ricorso del sacerdote ha portato alla mitigazione della pena. Il Vaticano non ha concesso alla magistratura italiana le carte del processo, richieste dalla Procura di Cremona.

 

La spregiudicatezza

Secondo il gup Letizia Platè don Mauro Inzoli “negli anni ha approfittato con spregiudicatezza della propria posizione di forza e prestigio per ottenere soddisfazione sessuale, tradendo la fiducia in lui riposta dai giovani nei momenti di confidenza delle proprie problematiche personali ed anche nel corso del sacramento della Confessione, ammantando talora le proprie condotte di significato religioso, così confondendo ulteriormente i giovani”. Nelle carte viene evidenziato che “alla vastità dell’azione commessa” - con innumerevoli casi di giovani molestati - “corrisponde anche un danno nelle giovani vittime su larga scala”. Ancora oggi alcuni di loro sono in analisi mentre altri hanno interrotto i rapporti familiari perché i genitori paiono non credere alle accuse contro il prete.

 

Fitta cortina di omertà”

“Ogni volta che si torna sull'argomento ed emergono nuovi, agghiaccianti, particolari, non possiamo non tornare a chiederci come sia stata possibile, nella nostra città, una così fitta cortina di omertà e di silenzio dei tanti, troppi, prossimi e vicini, che hanno per forza chiuso gli occhi o rivolto altrove lo sguardo. Omissioni colpevoli. Una fitta al cuore”. Così il sindaco Stefania Bonaldi ha commentato la vicenda. Quando nel giugno del 2014 il vescovo Cantoni ha reso note le disposizioni Vaticane con le quali Inzoli veniva condannato, Il sindaco di Crema ha depositato alla Procura un esposto per fatti molto gravi dei quali era venuta a conoscenza e ha avviato una verifica interna al Comune e Comunità Sociale, per appurare se esistessero situazioni meritevoli di approfondimento in merito agli affidi alla Cooperativa presieduta da Inzoli.

 

Gli esposti e l'appello

Altri esposti furono presentati dal deputato di Sinistra italiana Franco Bordo, da Giovanni Panunzio, fondatore del comitato di volontariato Osservatorio Antiplagio e da Francesco Zanardi, legale rappresentante dell’associazione Rete L’Abuso onlus. Contro la sentenza del tribunale di Cremona, hanno presentato ricorso in appello i difensori di Inzoli, gli avvocati Corrado Limentani e Nerio Diodà.

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