23-07-2019 ore 17:39 | Cronaca - Crema
di Riccardo Cremonesi

Diffamazione aggravata al sindaco Stefania Bonaldi, due le condanne in primo grado

“Una condanna penale in primo grado alla pena di 1.500 euro di multa per diffamazione aggravata, più 2.800 euro di spese legali oltre accessori di legge e altri 2.000 euro a titolo di provvisionale immediatamente esecutiva per il danno subito; una condanna penale pecuniaria per il reato di diffamazione a mezzo stampa con 600 euro di multa, 3.432 euro di spese legali oltre accessori di legge e una provvisionale immediatamente esecutiva per danni di 4.000 euro in favore della costituita parte civile”. Queste le sentenze in primo grado del Tribunale di Cremona riguardanti le querele per diffamazione sporte dal sindaco di Crema nel marzo 2015 e nel dicembre 2016.

 

Il commento e l’articolo

Nel primo caso – si legge in una nota del Comune di Crema – in seguito ad “un messaggio violentemente diffamatorio e insultante diffuso da un uomo di 43 anni residente a Crema attraverso un commento su Facebook”; nel secondo “per un articolo pubblicato dal direttore all’epoca del sito InviatoQuotidiano.it nel quale si stabilivano un collegamento e un nesso improprio tra un caso di cronaca avvenuto al Tribunale di Cremona e il sindaco, attribuendole surrettiziamente responsabilità a causa della chiusura del tribunale di Crema, che non poteva assolutamente avere”.

 

Piattaforma social

Essendo il social network “accessibile e disponibile a tutti gli utenti indistintamente”, il commento diffamatorio risulta “gravemente lesivo non solo della reputazione di Stefania Bonaldi” e “scredita il ruolo di sindaco del Comune di Crema”. Altrettanto rilevante la citazione della sentenza della Corte di Cassazione: la diffusione di un messaggio diffamatorio tramite Facebook “integra un’ipotesi di diffamazione aggravata poiché la condotta in tal modo realizzata è potenzialmente capace di raggiungere un numero indeterminato o comunque quantitativamente apprezzabile di persone”.

 

Diffamazione a mezzo stampa

Nel secondo caso – prosegue la nota del Comune - “le motivazioni della sentenza di condanna per reato di diffamazione “a mezzo stampa” distinguono il diritto di critica – tesi difensiva del legale del giornalista imputato – con la prospettazione data ai lettori di fatti opposti alla verità”. Ovvero “l’articolo di pura cronaca su fatti avvenuti al Tribunale di Cremona è diventato il pretesto per incolpare Stefania Bonaldi di un antefatto – la chiusura del Tribunale di Crema – senza che ci fosse una relazione tra i due fatti ed anzi evitando ogni demarcazione, così da portare il lettore “ad attribuire un collegamento causale tra la chiusura del Tribunale di Crema e i fatti delittuosi avvenuti a Cremona”.

 

Attribuzione dei fatti

Secondo il giudice “l’accostamento era illegittimo e non aveva nulla a che fare col diritto di critica politica, perché essa “non può scriminare la falsa attribuzione di una condotta scorretta utilizzata come fondamento per l’esposizione a critica del personaggio stesso; ciò in quanto la critica politica deve pur sempre fondarsi sull’attribuzione di fatti veri, posto che nessuna interpretazione soggettiva che sia fonte di discredito per la persona che ne sia investita, può ritenersi rapportabile al lecito esercizio di diritto di critica, quando tragga le sue premesse da una prospettazione dei fatti opposta alla verità”.

 

Il commento del sindaco

“A tutte le donne – commenta il sindaco Stefania Bonaldi - perché nulla mi toglie dalla testa che a tanto si sia arrivati anche perché sono donna vorrei dire che si possono contestare il nostro pensiero, la nostra azione, le nostre scelte. È assolutamente legittimo farlo, mai, però, possiamo permettere che pensiero, azione, scelte vengano traditi e offesi dal pregiudizio e sporcati da affermazioni false e lesive della nostra dignità. Soprattutto, i mezzi di comunicazione, tutti i mezzi, social network inclusi, non devono diventare una nuova arena di violenza su di noi e su nessun altro. L’unico modo per contrastare questa cultura è difendersi, sempre, in tutte le sedi, denunciare, senza mai stancarsi, ed esigere che sia fatta giustizia e che chi ha sbagliato paghi, anche in nome di coloro che non possono farlo”.

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