23-02-2018 ore 18:02 | Cronaca - Cremona
di Giovanna Carelli

Cremona. Al teatro Ponchielli l’incontro con Liliana Segre: testimonianza e lezione di vita

Composta, con la schiena dritta e gli occhi che si sforzano di vederci tutti: “Vorrei incontrarvi e parlare con voi, uno per uno”. Queste, in un teatro Ponchielli di Cremona gremito, le parole con cui la senatrice Liliana Segre ha iniziato a raccontarci l’esperienza di una tredicenne rinchiusa in un campo di concentramento senza saperne il motivo, il perché. Un interrogativo che è stato la sua unica compagnia per due anni. Fino a quando, ridotta uno scheletro senza sentimenti, non le era rimasto nulla se non la solitudine.

 

L’indifferenza della gente

La fuga clandestina verso la Svizzera con il padre, il rimpatrio, l’indifferenza della gente, l’essere rinchiusa nelle carceri di Milano, la sua città, il viaggio verso una destinazione ignota e il distacco dal padre che poi non rivide mai più. Queste le atrocità che ha dovuto subire e che ci ha raccontato con voce ferma, senza un attimo di esitazione; la sua forza d’animo e la sua decisione hanno colpito la platea, che durante il racconto non ha cessato un istante di pendere dalle sue labbra. I ricordi che ha trasmesso, lontani ma ancora vividissimi, sono così intensi e assurdi che fanno venire la pelle d’oca.

 

Una quotidianità 'impossibile'

“Lo stupore per il male altrui”: così ha descritto ai suoi “nipoti” il sentimento che si è portata nel cuore, non solo durante la prigionia, ma per tutto il corso della sua vita e che le ha permesso di non trasformarsi da vittima a carnefice, di non sparare al comandante del campo che, sconfitto e inerme, si era ritrovato davanti. Particolarmente commoventi le ultime parole: al ritorno dal campo Liliana, che si sente una quindicenne vecchia, completamente fuori dal mondo delle sue coetanee e marchiata a vita da un numero, non è riuscita a ritornare alla quotidianità.

 

Una lezione di vita

Probabilmente sarebbe diventata una disadattata se non avesse incontrato quello che poi diverrà suo marito, che ha vissuto e capito le sue sofferenze. Dalla sua mano, ammette con tenerezza, non si è mai staccata fino alla sua morte. Una testimonianza non solo molto toccante, ma anche una lezione di vita per chi, troppo spesso, si arrende alla prima difficoltà. Giovanna Carelli, classe IV C liceo scientifico da Vinci. All'iniziativa - nell'ambito della preparazione al Viaggio della memoria 2018 - hanno partecipato 120 studenti del Racchetti da Vinci.

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