21-06-2016 ore 10:06 | Cronaca - Brescia
di Riccardo Cremonesi

Processo Tamoil, disastro ambientale colposo. Per Legambiente vittoria a metà

Accusati di avvelenamento delle acque, in particolare della falda di Cremona, i manager della Tamoil ieri sono stati condannati dalla Corte d'assise di Appello di Brescia a 3 anni di reclusione per disastro innominato ambientale aggravato; assolti altri 4 imputati, confermati i risarcimenti alle parti civili decisi dal Tribunale di Cremona in primo grado.
 

Ecoreati
“Siamo soddisfatti solo a metà”, dichiara Sergio Cannavò, responsabile ambiente e legalità di Legambiente Lombardia: “con la condanna di uno dei dirigenti per disastro ambientale colposo è fatto salvo il principio 'chi inquina paga' e questo è un fatto positivo. Resta l'amaro in bocca perché, se all'epoca dei fatti ci fossero stati gli ecoreati introdotti solo nel 2015, probabilmente sarebbe stato contestato anche il delitto di inquinamento ambientale, con esiti completamente diversi”.

 

Dall’esposto alla condanna
La vicenda processuale nasce con un esposto in Procura del 2007, seguito dalle indagini e nel 2012 dal rinvio a giudizio di 5 dirigenti della raffineria Tamoil di Cremona. Costituiti parte civile il Comune di Cremona, Legambiente Lombardia e le società sportive rivierasche. L'ipotesi accusatoria era la contaminazione dell'area ad opera di sostanze idrocarburiche provenienti dall'impianto. Ne è scaturito un procedimento penale di primo grado durato poco più di 2 anni, con quasi 40 udienze e una perizia tecnica disposta dal giudice, che si è concluso con un’assoluzione e quattro condanne per disastro ambientale colposo e doloso e per la contravvenzione di omessa comunicazione dell'inquinamento.

 

L’appello

Per il Tribunale di Cremona i quattro dirigenti condannati avrebbero evitato di predisporre provvedimenti di emergenza di messa in sicurezza per fermare le perdite del sistema fognario interno e dei serbatoi, causando la grave contaminazione della falda e del terreno e il continuo propagarsi delle sostanze inquinanti nella zona esterna alla raffineria, in particolare a sud verso il fiume Po. Gli imputati nel 2015 avevano presentato appello contro la sentenza, sul quale si è pronunciata la Corte d'assise di Appello di Brescia.

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