16-01-2021 ore 16:30 | Cronaca - Madignano
di Sara Valle

Madignano. Padre Gigi racconta ai bimbi la prigionia: 'Ora voglio tornare in Niger'

“Pensavo di essere stato dimenticato da tutti e invece sono qui anche per ringraziare voi della solidarietà che mi avete dimostrato. In questa scuola sono cresciuto anch’io. Mia mamma era la bidella”. Padre Gigi Maccalli, il missionario madignanese rapito in Niger il 17 settembre 2018 e liberato lo scorso mese di ottobre, ha accolto l’invito del maestro Alex Corlazzoli, delle colleghe Maria Paola Piacentini, Clara Bianchessi e soprattutto dei bambini della classe quinta della scuola primaria di Madignano per raccontare dell’esperienza del suo sequestro. “Per 752 giorni sono rimasto prigioniero. Mi hanno tenuto legato alla catena giorno e notte. Ho vissuto nella prigione del deserto del Mali, dormendo solo sulla sabbia, ma non provo rancore per i miei rapitori”.

 

La cattura e la prigionia

Padre Gigi è tornato a quella sera di settembre: “sono stato catturato da un gruppo di persone che sono entrate in casa mia mentre stavo preparandomi ad andare a dormire. Ero in pigiama e ciabatte. Credevo fossero dei ladri ma non è stato così. Dopo 17 giorni in moto, attraversando posti impervi siamo arrivati nel deserto del Mali. Il 5 ottobre mi hanno messo per la prima volta le catene alla caviglia che mi toglievano solo per poter espletare i bisogni fisiologici. Mi son sentito perso”. Il racconto della prigionia è dettagliato. Mangiavo l’essenziale, ho perso 22 chili. Riuscivo a bollire l’acqua per purificarla. Ci davano cipolla, lenticchie, riso e una scatola di sardine. Qualche volta frutta e verdura. Mi hanno chiesto se avevo bisogno di medicine. Non mi hanno mai fatto lavorare, nemmeno picchiato. Mi hanno solo offeso le loro parole qualche volta. Con i rapitori, dei ragazzi molto giovani sempre armati, si è instaurato un dialogo. Uno di loro la sera veniva da me per imparare i numeri in francese. Volevano imparare a leggere e scrivere. Il loro capo l’ultimo giorno mi ha chiesto scusa”. Di alcuni ricorda anche il nome.“Mohamed era un uomo attento e con lui riuscivamo persino a scherzare. Sono giovani ragazzi che non sanno quello che fanno. Nel loro cuore il desiderio è un altro: sognano l’Italia, l’Europa”.

 

La liberazione e il futuro

Poi il momento della liberazione:“credo che mi abbiano liberato grazie a uno scambio, ad una negoziazione. Qualche giorno prima che ci lasciassero andare avevamo saputo che 100 prigionieri jihadisti erano usciti dal carcere”. La fede non l'ha mai abbandonato: “da prigioniero non potevo leggere la Bibbia. Ripetevo nella mia testa il rito della messa e negli ultimi tempi mi concentravo soprattutto sulle parole che il sacerdote pronuncia all’atto dell’eucarestia. Quando ho potuto celebrare la prima messa ho pianto. Dalla prigionia ho portato a casa solo una croce che mi ero costruito con del legno, un anello della catena e il rosario di stoffa che avevo realizzato”. Il futuro di padre Gigi è chiaro: “La mia scelta è l’Africa. Desidero tornare nella missione in Niger per ringraziare la mia gente. Questi due anni di prigionia non cancellano il mio amore per questo continente. Voglio andare là per disarmare la parola armata, sono libero per liberare”. Alla fine dell’incontro la responsabile di plesso Gisella Marinelli ha consegnato a nome di tutti gli insegnanti un contributo di 500 euro che serviranno a padre Gigi a realizzare i suoi progetti in missione.

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