09-12-2019 ore 17:01 | Cronaca - Milano
di Andrea Galvani

Ousseynou Sy: ‘non sono un terrorista. È stata solo un'azione dimostrativa per l'Africa'

“Non sono un terrorista”. Nelle dichiarazioni spontanee rese stamattina durante il processo in cui è imputato, Ousseynou Sy non ha avuto nessuna parola di pentimento, ma solo giustificazioni per il suo gesto. L’autista che lo scorso 20 marzo ha dirottato l’autobus delle scuole medie Vailati di Crema, ha sostenuto che l’allora ministro dell'interno, Matteo Salvini, sia “responsabile di crimini contro l’umanità”, in particolare “delle morti dei bambini e delle persone nel Mediterraneo”. Lo ha direttamente accusato, "da cittadino italiano e africano". L’uomo è accusato di sequestro di persona, strage, fatti aggravati dalla finalità di terrorismo e di una serie di reati minori che vanno dal danneggiamento alla resistenza a pubblico ufficiale.

 

Il ringraziamento alle Ong

In apertura di seduta ha ringraziato “la nave Mare Jonio e tutte le altre Ong per i salvataggi che hanno operato in questi anni nonostante le grandi pressioni e le multe ricevute dal governo italiano”. Ha letto il macabro conteggio dei morti in mare dal 2015 ad oggi, sostenendo che il numero effettivo delle persone che hanno perso la vita nel tentativo di raggiungere le sponde europee potrebbero essere quasi 100 mila, “almeno 10 volte in più dei dati ufficiali”. Ha dichiarato che “Amnesty ritiene l’Italia responsabile degli orrori in Libia”. Ha spiegato che il suo “obiettivo” era quello di “venire nel tribunale di Milano, uno dei più grandi d’Italia per dire la verità. Voglio giustizia. Noi africani non abbiamo mai avuto giustizia. Sono un cittadino italiano e un figlio dell’Africa, spogliata di ogni dignità umana e di ogni diritto. Quello che ho fatto l’ho fatto per l’Africa”.

 

Africa continente sfruttato”

In aula ha spiegato di ritenere “l’Africa un continente ricco, da sempre oggetto di sopraffazione e disprezzo da parte dell’Occidente. Tutto ciò accade con la complicità degli stessi governanti africani corrotti e messi lì dagli occidentali che saccheggiano l’Africa. L’Italia è complice e artefice dell’esodo. L’immigrazione viene usata in occidente come propaganda elettorale che alimenta il razzismo e l’odio. Quando si parla dei diritti, si parla solo di donne, di bambini, di tutti. Sempre diritti dei bianchi e mai di quelli dei neri. Un uomo nero non ha diritto di avere giustizia”. Ha parlato di “fucilazioni, ruberie, villaggi rasi al suolo, bambini orfani e paesi ridotti alla miseria e nessuno degli autori è stato giudicato”. Ha sostenuto che si continui “ad accusare Hitler, ma soprattutto in Italia non si parla mai di quello che Mussolini ha fatto, trucidando gli africani in Etiopia”.

 

L’ammonimento alla Corte

“Anche se ho 47 anni la mia vita non è nulla in confronto a quella della mia famiglia rimasta in Africa”. Si è infine rivolto alla Corte: “sappiate che il vostro giudizio sarà anche quello per milioni di uomini e donne, i nostri morti vi guardano, fate che non siano morti invano. Spero un giorno di poter parlare con le persone che erano sul pullman in quella giornata”. In chiusura Sy ha ribadito di non avere legami col terrorismo e di avere messo in pratica una “azione dimostrativa” perché non poteva più accettare che continuassero a "morire donne, uomini e bambini in mare”. Ha terminato dicendo che “tutti oggi sono qui perché vogliono un risarcimento per quello che è successo: ma l’Africa chi la risarcisce?”

 

Gli psichiatri

L'udienza è proseguita con l'audizione della dottoressa Marialaura Manzone e Vincenzo Nicoletti, psichiatri del carcere di san Vittore dove è recluso l'imputato: hanno escluso rilevanti sintomi psicotici di disturbo dell'umore e da stress post traumatico e quindi confermato la piena capacità di intendere e volere di Sy. Hanno riscontrato “un lieve malessere depressivo” ma non tale da essere ritenuto un disturbo patologico, probabilmente derivato dal fatto che l'autista ha una "percezione di isolamento sociale". Quando è stato visitato dai medici, i temi emersi non sono mai stati i suoi vissuti ma solo di natura ideologica, come accaduto durante l'udienza odierna. Durante la giornata sono stati sentiti anche i militari che hanno effettuato le indagini successive al dirottamento. Hanno parlato del materiale recuperato sul bus – cellulari liquefatti – e del marsupio dell’autista, con due passaporti (uno italiano e uno senegalese) ed un coltello da tavola con una lama da 10 centimetri. Non sono state ritrovate armi da fuoco ma residui di plastica di bottiglie collegate ad alcune pile. Quest'ultimo un elemento che verrà approfondito nel corso del processo. La prossima udienza è fissata per lunedì 16 dicembre. Attesi i genitori dei ragazzi: parleranno delle ripercussioni quotidiane sulla vita dei loro figli di quanto è accaduto .

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