06-10-2016 ore 12:20 | Cronaca - Crema
di Andrea Galvani

Diocesi di Crema, gli scenari futuri secondo le norme dettate dal Diritto canonico

Destinato a Como, il vescovo Oscar Cantoni continuerà a reggere la diocesi di Crema fino a novembre. E poi? Ne abbiamo parlato con Marcello Palmieri, avvocato che si occupa anche di diritto ecclesiastico e collaboratore del quotidiano Avvenire. Cominciamo dalla giornata di ieri. In città si sapeva da tempo che il vescovo sarebbe stato trasferito a Como. Quale bisogno c’era di un annuncio ufficiale? “Come precisato anche dal cancelliere vescovile – spiega Palmieri - l’ordinamento canonico prevede che dalla “notizia certa” di alcuni eventi discendano particolari conseguenze giuridiche. Senza l’annuncio di ieri, dato in contemporanea tra la Sala stampa vaticana e le due diocesi interessate, sarebbe mancata proprio questa “notizia certa” da cui si avvia l’iter per il nuovo insediamento.


Giuridicamente quali effetti ha prodotto la notizia del trasferimento del vescovo?

“Innanzitutto, il fatto che da quel momento e fino all’ingresso nella nuova diocesi monsignor Cantoni continuerà a reggere la Chiesa cremasca non più con il titolo di “vescovo” bensì con quello di “amministratore diocesano”. Per Como, invece, fino all’ingresso ufficiale sarà “vescovo eletto”. Con il passaggio da vescovo ad amministratore diocesano, a norma del diritto canonico, non hanno più valore gli atti che da quel momento dovessero essere eventualmente posti in essere dal vicario generale e dai vicari episcopali di settore. Questa norma tuttavia difficilmente opera, in quanto è prassi che il presule confermi quelli che fino all’istante prima erano stati i suoi più stretti collaboratori. Così è accaduto anche a Crema, dove monsignor Cantoni ha confermato don Maurizio Vailati vicario generale (nell'immagine), don Gabriele Frassi vicario episcopale per la pastorale e don Giuseppe Pagliari delegato vescovile per i rapporti con le Soprintendenze”.

 

Sarà monsignor Cantoni a decidere quando lasciare definitivamente Crema?

“Sì, ma con un obbligo: quello di iniziare il ministero nella nuova diocesi entro due mesi dalla “notizia certa” del trasferimento. Anche qui si capisce l’importanza dell’annuncio di ieri. Il vescovo, personalmente e sotto segreto pontificio, sapeva della nuova nomina da inizio agosto ma i due mesi di tempo per entrare a Como hanno iniziato a decorrere da ieri”.

 

L’attuale amministratore apostolico ha riferito che difficilmente la diocesi verrà accorpata a quella di Cremona e Lodi. Dunque entro due mesi ci sarà la nomina del nuovo vescovo?

“Non è detto. Mettiamo che alla data dell’ingresso di monsignor Cantoni a Como, per varie ragioni, a Crema non sia ancora giunta “notizia certa” dell’elezione del nuovo vescovo. A questo punto il diritto canonico prevede un’altra complessa procedura”.

 

Quale?

“Qualora il giorno dell’ingresso di monsignor Cantoni a Como qui a Crema non fosse stato ancora nominato un nuovo vescovo, la diocesi diventerebbe ufficialmente sede vacante. Contemporaneamente, il suo governo passerebbe al collegio del Consultori: l’organismo che è formato da alcuni preti scelti tra i membri del Consiglio presbiterale, ovvero l’assemblea eletta in rappresentanza di tutto il clero diocesano e che in condizioni “normali” – sempre a norma del diritto canonico – deve essere consultato dal vescovo prima che egli prenda decisioni di particolare importanza. Per esempio, spese sopra una certa somma. Solitamente è presieduto dal vescovo ma, in questa particolare situazione, verrebbe riunito da quel suo componente che ha una maggiore anzianità non anagrafica, ma di ordinazione sacerdotale. Nel nostro caso si tratterebbe di don Luciano Cappelli, affiancato da monsignor Bruno Ginelli, don Maurizio Vailati, don Gabriele Frassi, don Stefano Savoia, don Attilio Premoli e don Mario Botti”.


Questa forma di reggenza diocesana può durare molto?

“Assolutamente no. Il diritto canonico prevede che non si protragga più di 8 giorni. Durante questo lasso di tempo, il collegio dei Consultori deve nominare l’amministratore diocesano scegliendolo tra i preti di quella Chiesa locale che abbiano compiuto almeno 35 anni. Il codice di diritto canonico prevede al riguardo che il prescelto “si distingua per dottrina e per prudenza”, vale a dire che sia uomo saggio e teologicamente ben formato. In caso contrario, quella nomina sarebbe nulla. A quel punto entrerebbe il gioco il Metropolita, che per noi è l’arcivescovo di Milano cardinale Angelo Scola: toccherebbe a lui scegliere un valido amministratore, sul presupposto che gli atti compiuti dal precedente sarebbero nulli”.

 

Nel caso il prete scelto soddisfacesse i requisiti quali altri problemi potrebbero sorgere?

“Il prescelto deve essere diverso dall’economo diocesano che anche alla presenza del vescovo svolge una mansione molto delicata. Farla coincidere con la guida della diocesi significherebbe dunque identificare nella stessa persona controllore e controllato. Da qui la norma canonica. Tuttavia, per assurdo, il collegio dei Consultori potrebbe comunque nominare amministratore diocesano l’economo che sarebbe temporaneamente sollevato dall’incarico che svolgeva prima e che tornerebbe a ricoprire una volta nominato il nuovo vescovo o comunque dimessi i panni di amministratore diocesano. Detto ciò, secondo quanto accaduto nella nostra storia recente, la prospettiva di una sede vacante mi sembrerebbe un caso non impossibile ma nemmeno molto probabile”.

 

Se invece venisse nominato il nuovo vescovo prima della partenza di monsignor Cantoni, cosa accadrebbe?

“Con un anticipo di circa un giorno verrebbero convocati in Curia tutti i sacerdoti, i rappresentanti degli organismi di partecipazione diocesana e la stampa. Lì verrebbe data la “notizia certa” della nuova nomina. E, secondo un’antica tradizione, il primo annuncio a tutti i fedeli della diocesi sarebbe dato dal suono contemporaneo delle campane delle varie chiese. Da quel momento, anche in questo caso, il nuovo presule avrebbe due mesi di tempo per iniziare il ministero. Attenzione però: “vescovo eletto” potrebbe essere anche un semplice prete. In questo caso, prima dell’ingresso dovrà celebrarsi la sua ordinazione episcopale. Potrebbe però accadere che ordinazione episcopale e ingresso nella diocesi avvengano nella medesima celebrazione. Così ha fatto per esempio l’attuale vescovo di Cremona, monsignor Antonio Napolioni.