Per molti ma non per tutti. Il monologo di Mario Perrotta Un bes. Antonio Ligabue al teatro San Domenico di Crema sabato 25 marzo è certamente una grande prova d 'attore e il linguaggio grammelot italo-tedesco-emiliano con cui intrattiene per tutta la durata dello spettacolo il pubblico sarebbe piaciuto a Dario Fo. Il dramma ripercorre le vicende della sfortunata esistenza del pittore naïf Antonio Ligabue, e diventa il pretesto concreto per parlare di abbandono, di emarginazione, di mancanza d'affetto e dei drammi esistenziali che questo può causare.
La disperata solitudine
Lo svolgimento dello spettacolo nella sobrietà della scena è tanto semplice e lineare nel suo svolgersi quanto complesso nei suoi significati: il rifiuto della "diversità" la solitudine disperata dell’artista non riscattata nemmeno dal successo. L'affetto si impara sia nel saperlo fare che nella capacità di riconoscerlo ed accogliere: quando entrambi i momenti mancano allora è il fallimento di una vita e di una comunità. Una società che non sa esprimere comprensione ed accoglienza è destinata a fallire nel proprio compito fondamentale.
Ineluttabilità ed impotenza
La vicenda di Antonio Ligabue - pitùr, in dialetto - mostra la disperata volontà di comunicare che Mario Perrotta interpreta bene attraverso i disegni che traccia sapientemente con il carboncino su grandi fogli destinati ad essere gettati uno ad uno come le diverse fasi dell’esistenza del protagonista. Una sensazione di ineluttabilità e di impotenza contro la sfortuna che gli spettatori vivono come per catarsi.