Gli applausi incessanti a fine rappresentazione sono il giusto riconoscimento per Antigone, una storia africana. Uno spettacolo, quello portato sul palcoscenico dal regista Massimo Luconi, capace di emozionare fino in fondo, sebbene la narrazione non riservi colpi di scena. L’immersione della trama nella spiritualità dei riti africani soffia via il fardello della morale dal mito greco di Sofocle, ripreso nella versione di Jean Anouilh.
Sentimenti e fisicità
Sul palco del teatro san Domenico il progetto sviluppato da Luconi ed interpretato da 6 giovani attori senegalesi ha una marcia in più: i dialoghi assumono grande prestanza ed incisività; i personaggi, che vestono abiti moderni e dashiki, perdono qualsiasi idealizzazione mitologica e diventano persone reali, con sentimenti e fisicità; i canti funebri scandagliano gli atti della tragedia, accompagnando lo spettatore nel mondo della spiritualità africana.
Tra Grecia ed Africa
Convince il mélange narrativo tra il mito greco ed i riti funebri del continente nero: la ribellione di Antigone alle leggi dello Stato, per dare una degna sepoltura al fratello Polinice, è tutt’altro che una semplice messinscena di una tragedia greca. Calata nel contesto africano, nel quale ancora oggi le pratiche funebri rivestono grande importanza, la storia si fa vera: alla retorica e alla riflessione si sostituiscono le vicissitudini umane, figlie dei sentimenti e dell’emotività.
La recitazione
La rappresentazione è recitata prevalentemente in francese, ad eccezione di alcune parti – come i canti delle cerimonie funebri ed l’inizio di ogni atto – traslate in lingua wolof, originaria del Senegal. Lo spettacolo è tradotto a didascalie ma la recitazione – con lunghe pause e lenta cadenza – permette allo spettatore di non perdersi lo svolgimento della scena.