31-12-2014 ore 13:53 | Rubriche - Medicina e salute
di Paolo Carelli

Sanità. Viaggio nelle realtà in cui si affronta l'autismo. Il ruolo della Fondazione Sospiro e l'associazione Accendi il buio. Pietro Soldo: "Combattere diffidenza e paura"

Sono passati ormai cinquant’anni da quando a metà degli anni Sessanta, lo psicologo americano Eric Schopler, grazie a un cospicuo finanziamento pubblico, condusse un’indagine strutturata sulle persone affette da disturbi di autismo, arrivando a dimostrare come questo non fosse dipendente dalla scarsa cura e attenzione riposta dai genitori nei confronti dei figli, ma piuttosto derivasse da cause organiche, liberando intere famiglie dai sensi di colpa e aprendo una nuova frontiera nell’approccio al problema.

 

La proposta di un Registro Nazionale

Eppure, nonostante le riconosciute evidenze scientifiche, intorno al tema dell’autismo continua a regnare confusione, come se la società tutta ancora fatichi ad affrontare con rigore e lucidità questa patologia e la portata più vasta del fenomeno. A livello nazionale, l’Istituto Superiore di Sanità ne ha discusso proprio pochi giorni fa nell’ambito della conferenza internazionale Strategic agenda for Autism Spectrum Disorders: a public health and policy perspective, durante la quale è stata presentata la prima indagine sull’assistenza sanitaria per autistici in Italia; l’Istituto di Sanità ha lamentato la carenza di politiche integrate in termini sanitari ed educativi, oltre a un investimento in ricerca che arranca rispetto agli altri paesi occidentali. Non solo: per la prima volta è stata lanciata la proposta di istituire un Registro Nazionale dei disturbi dello spettro autistico in Italia, nonché una mappatura delle strutture destinate ad assistenza e terapia. 

 

La mappa dell'associazionismo sul territorio

Come spesso accade, tuttavia, dove non arrivano le istituzioni emerge la vasta rete del volontariato e dell’associazionismo: in questo senso, il territorio della provincia di Cremona rappresenta un avamposto riconosciuto a livello nazionale, con una distribuzione capillare delle strutture professionali e delle realtà del terzo settore. C’è la Fondazione Vismara-De Petri a San Bassano, “Casa Riccardo” a Vailate, “Villa Laura” a Torlino Vimercati, dove una delle anime è Giovanna Barra, già assessore comunale a Crema nella giunta Ceravolo nonché autrice di libri sulla propria esperienza di madre di un ragazzo autistico; e poi ancora, il progetto di Casa Famiglia dell’oratorio di San Giacomo a Crema, la cooperativa sociale “Lo Scricciolo” a Fiesco, la casa edtirice cremasca Uovo Nero interamente specializzata in tematiche relative ai disturbi dell'apprendimento, il ruolo guida della Fondazione ospedaliera di Sospiro.

 

 

L'esperienza di "Accendi il buio"

Proprio da quest’ultima, ha preso le mosse l’associazione cremonese “Accendi il buio”, la più vasta di tutto il territorio per numero di famiglie e servizi. “Tutto nacque – spiega Pietro Soldo, presidente dell’associazione – quando Fondazione Sospiro decise di rinunciare ad alcuni posti letto convenzionati in lungodegenza per trasformarli in servizi di neuropsichiatria infantile, attivando strutture prima a Cremona e poi a Spinadesco. A quel punto, un’associazione esistente, che si chiamava “Punto Famiglia” e si occupava di questioni relative al bullismo e alle problematiche adolescenziali, decise di rinnovarsi cambiando oggetto sociale e buttandosi nel mondo dell’autismo, unendo sia le esperienze di soggetti adulti, strutturate nel cremasco intorno all’allora “Progetto Orma”, sia quelle dei bambini in cura presso le strutture cremonesi “.

 

Mutuo aiuto tra le famiglie

Oggi l’associazione guidata da Soldo raccoglie circa 130 persone, per la maggior parte genitori e parenti di persone affette da disturbi autistici e collabora con ospedali e strutture sanitarie del territorio, e non solo. Come tante altre realtà simili, “Accendi il buio” si preoccupa di creare gruppi di mutuo aiuto, anche relazionale, nella convinzione che certe esperienze è meglio che vengano condivise e non rimangano confinate dentro i muri di casa; ma obiettivi dell’associazione sono anche la raccolta di fondi per l’acquisto di materiale e strumentazioni tecniche per attività varie (“è sempre più difficile – annota Soldo – la gente si fida sempre meno, anche per il volontariato raccogliere aiuti diventa complicato”) e la rappresentanza delle istanze delle famiglie presso istituzioni o istituti scolastici e sanitari che vogliono occuparsi di questo tema.

 

Un fenomeno complesso e variegato

La diffidenza è tanta; intorno al mondo dell’autismo cala spesso una coltre di freddezza che non aiuta a far emergere il problema in tutta la sua complessità. “Si tratta di un fenomeno variegato – continua Soldo – per cui è difficile fare sintesi e proporre interventi generici; si va da casi di estrema gravità ad altri dove emergono straordinarie abilità artistiche, come il caso di una ragazza di 19 anni, figlia di nostri associati, che frequenta l’Accademia Carrara di belle arti di Bergamo. C’è poi una difficoltà legata alla definizione delle diagnosi di autismo”.

Villa Laura a Torlino Vimercati

Patologia sanitaria o emergenza sociale?

Già, perché il groviglio normativo, in questo senso, non aiuta; se fino ai 18 anni l’autismo è considerata una patologia sanitaria e quindi i servizi di base vengono erogati gratuitamente e fioriscono le neuropsichiatrie infantili che sono diretta emanazione delle aziende ospedaliere, dalla maggiore età in poi la questione diventa sociale e pertanto da affrontare attraverso fondi degli enti locali, comuni in particolare, con tutto ciò che ne consegue in termini di disponibilità, scelte e “concorrenza” con altre emergenze sociali. E c’è dell’altro: Soldo osserva che più il soggetto autistico diventa adulto e più i suoi genitori invecchiano, questi ultimi tendono a spendere meno per le cure (soprattutto se non sorretti da corpose disponibilità economiche) e a uscire meno di casa. “La famiglia – sospira – diventa essa stessa autistica”.

 

L'autismo nei media

Per il presidente di “Accendi il buio”, un’altra ragione della scarsa attenzione scientifica data al fenomeno deriva dall’approccio dei media, che da un lato enfatizzano la dimensione spettacolare del dolore e dall’altro tendono a individuare le più varie cause esterne, come i recenti messaggi sull’autismo quale patologia discendente dai vaccini. “Individuare cause terze è una liberazione – prosegue – e solleva dai sensi di colpa i genitori. Ma è il senso di colpa in sé a essere sbagliato; ormai è appurato che le cause dell’autismo sono in prevalenza di tipo genetico”.

 

Diffidenza e paura

Quanto sta cambiando, allora, la percezione dell’opinione pubblica rispetto all’autismo? Secondo Pietro Soldo, ci vorrà ancora un paio di generazioni prima che questa patologia venga interiorizzata pienamente nella società; mentre per altre forme di disabilità ormai questo processo è a compimento, sull’autismo permangono ancora spazi d’ombra da colmare. “Ma l’autismo non va guardato con diffidenza o paura – conclude -; si tratta di persone in difficoltà che solo se stimolate potranno avere una vita meno complicata per loro e i propri affetti”.

 

Autismo come categoria dell'esistenza

Forse, come ha scritto Gianluca Nicoletti, giornalista de La Stampa e padre di un ragazzo autistico, in Alla fine qualcosa ci inventeremo, l’ultimo libro dedicato alla propria esperienza personale, “quello che per semplificare chiamiamo «autismo» è una categoria dell’esistenza, una delle infinite possibilità che abbiamo di misurare il mondo e i nostri simili, un punto di vista individuale che geneticamente si distribuisce in diverse percentuali d’intensità e in un numero impressionante di esseri umani”.  

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