23-09-2015 ore 13:19 | Rubriche - Costume e società
di Nino il contadino

Dai Lari ai paradisiaci giardini. L'orto, dall'utile baratto all'opportunità di svago ed occasione di ritrovo

Poi Dio disse: "Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra e ogni albero in cui è il frutto, che produce seme: saranno il vostro cibo. A tutte le bestie selvatiche, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli esseri che strisciano sulla terra e nei quali è alito di vita, io do in cibo ogni erba verde". (Genesi, Antico testamento, VI-V sec. a.C.)

 

Le origini

Cominciamo quindi dalle origini, per una piccola storia dell’orto. Fino al III secolo a.C., ogni casa dell’antica Roma ha, all’interno del recinto della domus, un orto protetto come la casa dai Lari, gli spiriti protettori degli antenati. Coltivare personalmente il piccolo terreno, è una attività di grande prestigio, gli ortaggi infatti sono considerati il cibo più civilizzato perché prodotto dalla terra addomesticata, costantemente lavorata e mai lasciata a riposo (come invece quella dei campi). Nell’hortus delle ville patrizie lo sterile giardino ornamentale beneficia delle fronde ombrose degli alberi da frutta.

 

Paradisiaci giardini

Del racconto di paradisiaci giardini orientali (1600 a.C.) è ricca la storia: i sovrani si facevano realizzare giardini ricchi di frutti, fiori e piante per testimoniare l’estensione dei propri domini e della propria ricchezza. I più antichi giardini che conosciamo sono quelli egizi (1600-1400 a.C.), luoghi simbolici caratterizzati da forme e strutture architettoniche monumentali, con specchi d’acqua per supportare i periodi siccitosi a rappresentare l’oceano primordiale. Leggendario è il giardino pensile di Babilonia (oggi Iraq), attribuito alla regina assira Semiramide, vissuta forse nel sec. IX a.C.

 

Horti Luculliani

Nel 66 a.C., Lucio Licinio Lucullo, ritornato dall’Oriente, si fa realizzare sul campo Marzio a Roma, il primo grande parco-giardino arricchendolo con ricordi provenienti dall’Impero: portici con peristilio e padiglioni, aiuole fiorite e boschetti ombrosi, fontane e specchi d’acqua con ninfee. Questo grande spazio urbano, anche se non destinato alla produzione di ortaggi, è chiamato Horti Luculliani a cui nel tempo seguiranno quelli di Sallustio, di Cesare, di Mecenate… Grazie agli antichi scritti e agli affreschi, conosciamo l’aspetto dei giardini, delle specie botaniche coltivate e dei loro usi ornamentali, officinali, culinari: vegetali usati per tingere lino e canapa, sparto usato per suole di scarpe e cordami, giunchi per stuoie e canestri, macerati di erbe e fiori per profumi e medicamenti.

 

Paradiso Maomettano

Il Giardino arabo, progettato a immagine del Paradiso Maomettano, è pieno di colture ornamentali e di frutteti e orti per soddisfare i cinque sensi: foglie e cortecce per il tatto, frutti saporiti per il gusto, fiori colorati per la vista, profumi intensi per l’olfatto, canto di uccelli e gorgoglio di acque per l’udito. Quando nell'831 d.C. Palermo diventa una città araba, è abbellita con giardini e meraviglie architettoniche ancora visibili; dei fan­tastici giardini rimangono gli affreschi, la dolcezza della canna da zucchero, il gusto squisito di limoni, arance, pesche e albicocche.

 

Il medioevo

Nel medioevo (476 d.C. - 1492) ogni casa ha un piccolo orto con ortaggi ed erbe aromatiche, i più fortunati possiedono anche alberi da frutto e vigneti. Dietro le alte mura di monasteri e conventi i monaci coltivano numerose varietà di piante sia per scopi alimentari che medicinali e utilizzano questo luogo protetto ed ombroso per leggere, pregare e meditare. Si deve a San Benedetto da Norcia (480-555?) e all’insediamento in tutta Europa dei suoi benedettini, la diffusione di una nuova cultura agraria rispettosa della gestione dei corsi d’acqua e della cura di campi e orti. Un grande merito è dovuto a Pietro de’ Crescenzi (Bologna 1233–1320), considerato il più grande agronomo occidentale del Medioevo, che ha ideato il moderno paesaggio agrario italiano con innovative tecniche di agronomia e di coltivazione: primi cinti di mura con fontana e selva d’alberi, secondi cinti di siepi con alberi da frutto e pergola ombrosa.

 

Giardino dei semplici

Nel 1543 il Duca di Firenze, Cosimo de’ Medici, fonda a Pisa il primo orto botanico del mondo e due anni dopo inaugura il Giardino dei semplici di Firenze; i suoi figli Francesco e Ferdinando, succedutigli sul trono granducale, completano la rete delle ville medicee circondandole di importanti orti-giardini.  Nel corso dell’Ottocento viene rivalutata l’importanza dei giardini storici e ricostruiti interi orti ornamentali dimenticati. L’esempio più celebre è l’orto del giardino di Villandry, iniziato nel 1906, commissionato da Joachim Carvallo (proprietario del castello) al paesaggista spagnolo Javier de Wynthuysen. L’orto-giardino di Villandry, ispirato a giardini rinascimentali italiani, francesi e spagnoli, è oggi uno dei luoghi più visitati della Loira.

 

La Rivoluzione Industriale

Durante la Rivoluzione Industriale in Europa (seconda metà ‘700 - prima metà ’800) e le grandi emigrazioni dalle campagne verso città e fabbriche, ha inizio la coltivazione di orti in poveri appezzamenti di terreno messi a disposizione dai proprietari delle fabbriche o dalle comunità religiose per aiutare le persone in condizioni di emarginazione sociale e di miseria. Si deve al medico Daniel Gottlob Moritz Schreber (1808–1861) e all’associazione di persone, famiglie o piccole comunità, la costituzione in Germania dei primi orti urbani (1864); in Francia gli orti urbani sono creati dall’abate Lemire (1896) per aiutare le persone in gravi difficoltà economiche e presentati all’Esposizione Internazionale di Parigi del 1900.

 

Orti urbani

Nella prima metà del secolo scorso, le due grandi guerre mondiali contribuiscono a diffondere gli orti urbani, spesso unico sostentamento in un clima socio-economico devastante, con città completamente isolate, prodotti agricoli scarsi e venduti al mercato nero a prezzi altissimi. Le grandi immigrazioni conseguenti poi al boom economico e alla forte espansione industriale (anni ’70 e ’80), portano ad un grande sviluppo degli orti coltivati con grande fatica su terreni marginali e degradati di periferie urbane. L’orto integra un salario insufficiente, è utile per il baratto ma funge anche come opportunità di svago, di impiego del tempo libero e occasioni di ritrovo.

 

Prodotti tipici

Dagli anni ’90, il benessere dei paesi industrializzati mette in secondo piano la produttività dell’orto come integrazione del reddito ma acquista importanza per la valorizzazione e il mantenimento di prodotti tipici del territorio e per la possibilità di avere alimenti freschi di cui si conosce il processo produttivo. Il raccolto è destinato soprattutto all’autoconsumo ma nascono anche gruppi di acquisto solidale, i GAS, che acquistano direttamente da piccoli orticoltori a buon prezzo. Oggi i piccoli appezzamenti di terreno adibiti a orti sociali sono un fenomeno ampio e diversificato; molti comuni hanno messo a disposizione appezzamenti di terreno per orti urbani per offrire opportunità di relazioni sociali e ricreative, educative e terapeutiche.

 

Orti scolastici

Insegnare ai bambini a fare l’orto è di grande importanza per la FAO che promuove l’organizzazione e la diffusione di School gardens come strumento di miglioramento del livello di nutrizione e di istruzione dei bambini nei paesi in via di sviluppo; l’importanza didattica e formativa degli orti è sancita nei programmi scolastici di molti paesi (Olanda, Germania, Austria, Lussemburgo, USA) con attività organizzate per bambini ed adolescenti, spesso insieme ai genitori. In Italia gli orti scolastici, presenti già all’inizio del XX secolo con le scuole attive ma accantonati, grazie a Slow Food e al progetto “Orto in condotta”, in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione, oggi vengono riproposti e coinvolgono circa 30.000 bambini con lo scopo di migliorare l’approccio alimentare delle nuove generazioni, insegnando loro a non sprecare, a conoscere e a scegliere cibi di stagione. L’Orto in condotta è uno splendido progetto che coinvolge educatori, genitori, nonni e anziani dei quartieri, perché fare “insieme” è tutto più bello e coinvolgente.

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