05-11-2016 ore 13:13 | Rubriche - Costume e società
di Andrea Galvani

Il voto nello spazio, l'assenteismo, la stazione orbitante Mir e la legge del Texas

Per l'emozione di recarsi alle urne il giorno delle elezioni siamo sicuri che molte persone avranno difficoltà a tenere i piedi per terra. Poco male; pensate che gli astronauti in missione sulla stazione internazionale devono addirittura incatenarsi al pavimento per non galleggiare a mezz’aria mentre orbitano intorno alla Terra a 17.000 miglia all'ora. In Italia raggiungere i seggi pare essere divenuta una scocciatura e profondamente sfiduciati per gli esiti recenti, gli elettori spesso privilegiano formazioni politiche che promettono la rottura dello status quo e irrimediabilmente finiscono con l’impantanarsi nelle sabbie mobili della burocrazia.

 

Legislazione texana

A migliaia di chilometri di distanza c’è chi non perderebbe per alcuna ragione al mondo la possibilità di esprimere il proprio diritto al voto, peraltro conquistato col sangue. Grazie ad una legge approvata dal legislatore del Texas nel 1997, i cosmonauti statunitensi – sarà un caso, ma quasi tutti vivono in Texas - hanno anche la possibilità di farlo nello spazio. Per gli astronauti, il processo di voto inizia un anno prima del lancio. Scelgono a quali elezioni vogliono partecipare - locali, statali o federali – quando saranno nello spazio. Poi, sei mesi prima vengono dotati di un modulo standard: Voter Registration and Absentee Ballot Request – Federal Post Card Application.

 

Il voto spaziale

Nel 1997 l’astronauta della Nasa David Wolf è stato il primo americano ad esprimere un voto spaziale, mentre si trovava sulla stazione spaziale russa Mir. L’ultima in ordine di tempo a sfruttare questa possibilità è l’astronauta Shane Kimbrough. Se gli astronauti hanno il vantaggio di non dover aspettare in fila come tutti noi, devono però subire un grande affronto: non possono, come noi, fregiarsi dell’ambitissimo adesivo con la scritta "Io ho votato".

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