02-11-2016 ore 20:03 | Rubriche - Medicina e salute
di Aldo Arzini

Asst di Crema. Chirurgia vascolare, il gold standard ed i possibili fattori di rischio

Per trattare una stenosi della carotide è meglio una operazione o una dilatazione? Allo stato attuale delle nostre conoscenze, la chirurgia è preferibile all’angioplastica per trattare le stenosi ateromasiche della biforcazione carotidea per i minori rischi procedurali e i risultati a distanza, questo vale soprattutto per il paziente anziano, ormai di gran lunga quello più interessato, in quanto è stato dimostrato che il tasso di complicanze con l’angioplastica è molto più elevato del trattamento open. Perché operare una stenosi carotidea? La rivascolarizzazione della carotide (immagine) serve a togliere la placca aterosclerotica (ateroma) dall’interno dell’arteria che porta il sangue al cervello, e che corre al lato del collo. A volte l’occlusione o la stenosi (restringimento) possono non dare sintomi, o darne di transitori come l’attacco ischemico transitorio (Tia), ma l’evento più grave è l’ictus. L’intervento, detto endoarteriectomia, può essere effettuato a cielo aperto con l’incisione chirurgica del collo e della carotide e l’asportazione dell’ateroma o con angioplastica, cioè dilatando il restringimento con un palloncino ed inserendovi uno stent, un tutore fatto di una sottilissima maglia metallica per mantenere la dilatazione.

 

Il gold standard

Come sostengono le recenti linee guida nazionali ed internazionali, nel trattamento della stenosi carotidea - l’ideale cioè il gold standard - è l’endoarteriectomia (nell'immagine). L’angioplastica ha goduto di un grande favore negli anni passati, ma oggi si sta facendo marcia indietro perché c’è sì un minor rischio di complicanze cardiache durante la procedura endovascolare, ma alla lunga esiste un rischio maggiore di restenosi e re-occlusioni con relativi danni neurologici. Nell’Asst di Crema, nella nostra struttura - dove la procedura viene eseguita come prima scelta utilizzando la metodica open - l’indicatore di qualità, ossia la percentuale di ricoveri per ictus nel mese successivo, si attesta attorno allo 0% a fronte di un valore medio nazionale dello 0,66%.

 

Caratteristiche anatomiche del collo

Il trattamento endovascolare viene da noi riservato solo in casi particolari dovuti a caratteristiche anatomiche del collo (collo taurino, collo irradiato per pregresso patologie tumorali) o nei casi di interventi per restenosi. Non sto ad elencare le norme sullo stile di vita che si dovrebbero seguire per la prevenzione delle malattie aterosclerotiche, informazioni che i pazienti ricevono quotidianamente da riviste simil mediche o salutistiche, ma vorrei mettermi dalla parte del paziente che riceve la notizia relativa ad una patologia carotidea che necessiti di un trattamento.

 

I rischi e l’utilità dei farmaci

Cosa chiederei al chirurgo vascolare? Per prima cosa se esistono farmaci che possano sostituire la chirurgia quando la stenosi è significativa. Il rischio legato alle stenosi significative è triplice: si possono formare grumi nella stenosi, residui ulcerati della placca possono migrare verso il cervello, la stenosi potrebbe bloccare il passaggio del sangue e impedire la corretta vascolarizzazione del cervello. I farmaci possono essere utili solo per il primo rischio, mentre per gli altri due si deve rimuovere la placca.

 

L’operazione e la durata del ricovero

Il rischio di un’operazione della carotide è in funzione di molti fattori: cardiologici, polmonari oppure dovuti a precedenti eventi cerebrali. In ogni caso l’intervento verrà predisposto solo se il rischio chirurgico sarà inferiore al rischio di evento cerebrale mantenendo la stenosi carotidea. La durata del ricovero è variabile. Dura pochi giorni in quanto il paziente viene preparato durante un precedente accesso in ospedale, detto pre ricovero, pertanto dopo l’intervento si resta ricoverati per circa due, tre giorni. Dopo un’operazione alla carotide, la cura principale fatto salve le terapie per altre co-morbilità, è un trattamento antiaggregante piastrinico. (Contributo del dottor Aldo Arzini, direttore dell’Unità Operativa di Chirurgia Vascolare presso l'Asst di Crema)

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