“Fa un certo effetto, soprattutto in Italia, ma anche in Francia, mettere a confronto i livelli di fiducia nell’Ue rilevati (circa) vent’anni fa con quelli di oggi. Alla fine degli anni Novanta, in Italia, il 73% dei cittadini dichiarava di riporre fiducia nell’Europa: tale dato si è ridotto a meno della metà, all’inizio del 2017 (34%)”. È quanto segnala il decimo Rapporto sulla sicurezza e l’insicurezza sociale in Italia e in Europa, realizzato da Demos tra gennaio e febbraio 2017.
Una questione di metodo
A sessant’anni dalla firma dei Trattati di Roma l’Unione europea è vista come “un obiettivo giusto realizzato in modo sbagliato”. Questa percezione è molto forte soprattutto in Italia, Germania e Francia, tre nazioni che nel 1957, assieme a Belgio, Olanda e Lussemburgo diedero vita a un progetto unitario in grado non solo di arginare i conflitti che dilaniarono l’Europa nella prima metà del ventesimo secolo, ma di gettare le basi per un percorso comune di sviluppo economico e sociale, da realizzare con la creazione di un mercato unico dove persone e merci potessero circolare liberamente: la Comunità economica europea.
La Dichiarazione di Roma
Dal 1957 ad oggi molte cose sono cambiate. Ma a sessant’anni di distanza dubbi e scetticismi rimangono: il sogno di un’Europa unita e indivisibile, seppure a doppia velocità di sviluppo (ossia i principi chiave della Dichiarazione di Roma, che i capi di Stato sono chiamati a firmare oggi in Campidoglio) sembra soffrire le pressioni sovraniste ed i nuovi nazionalismi. Non stupisce dunque che a nutrire oggi la maggiore fiducia nell’Unione e nel progetto di integrazione siano proprio quei paesi che all’Ue hanno aderito più recentemente. “Va però rimarcato – conclude il rapporto Demos – come la componente di coloro che voterebbero, oggi, per l’Europa (per la permanenza, a favore della moneta unica) sia ancora prevalente. Nonostante l’insoddisfazione, le critiche, l’insofferenza per le scelte imposte da Bruxelles”.