23-02-2016 ore 12:31 | Politica - Cremasco
di Andrea Galvani

Minori in affido, i sindaci cremaschi alzano la voce: “inaccettabile che a pagare siano i Comuni di residenza”

Il pagamento delle rette concernenti gli affidi di minori e non in strutture residenziali protette si sta rivelando “un problema” per i Comuni cremaschi, al punto che “possono provocare il collasso economico dei comuni stessi, soprattutto quelli di ridotta dimensione”. La vicenda era emersa a margine dell’incontro sulle riforme tenuto lo scorso 13 febbraio a Casale Cremasco e la deputata Cinzia Fontana ed il sottosegretario Luciano Pizzetti avevano al riguardo assicurato un interessamento.

 

L'obbligo

In una nota siglata dagli amministratori locali, si spiega che non viene messa in discussione “la finalità della legge e delle norme che regolano il settore, finalità più che condivisibili, ma l’obbligo dei comuni alla copertura dei costi del servizio di affido in strutture protette, senza un adeguato corrispettivo da parte dello Stato o della Regione”.

 

Disparità

“Il concetto è semplice: la maggiore capacità del nostro sistema socio-assistenziale di individuare le situazioni a rischio si scontra con la difficoltà dei comuni di reperire risorse economiche necessarie per affrontare la crescente richiesta di interventi di questo tipo con un’evidente allargarsi della forbice, tra il numero dei ‘ricoveri’ in strutture protette e imposti dall’autorità giudiziaria e la costante diminuzione della disponibilità finanziaria dei comuni”.

 

Bilanci dissestati

Se nessun sindaco contesta i provvedimenti dei tribunali che impongono ‘l’affido dei minori ai servizi sociali per l’inserimento degli stessi in idonee strutture residenziali’, spesso esteso alla madre dei minori, “non è più accettabile che a pagare l'intervento siano i comuni di residenza dei soggetti in affido”, in particolare perché “l’impossibilità oggettiva di prevedere il numero degli interventi determina gravi dissesti negli equilibri di bilancio, faticosamente raggiunti nonostante le riduzioni dei trasferimenti di settore statali e regionali e i vincoli di spesa imposti dalla normativa nazionale”.

 

Il Patto di stabilità

“Obbligare i comuni alla copertura preventiva di spese, per loro natura imprevedibili, non può essere considerato esempio di ponderata regolamentazione normativa. Ancora più illogica appare la scelta di lasciare i comuni in balia degli eventi, tra decreti dei tribunali che generano spesa imprevista ma obbligatoria e norme contabili che vietano di spendere in deroga al patto, seppur ‘rimodulato’ con la vigente normativa”.

 

La nuova normativa

I sindaci spiegano di aver cercato d'istituire un tavolo di confronto istituzionale “mirato all’individuazione di una ragionevole soluzione del problema, quantomeno di una sua condivisione su scala regionale”, ma le istanze cremasche non hanno ricevuto alcun riscontro formale dai destinatari. “Nel frattempo gli affidi sono aumentati, di pari passo con le difficoltà economiche dei comuni interessati. Il problema non è più ineludibile e rinviabile, anche perché nel frattempo è entrata in vigore la nuova normativa sull’Isee che penalizza ulteriormente i comuni e rende il pianeta assistenza una giungla nella quale è difficile districarsi ed uscirne indenni”.

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