02-11-2017 ore 13:19 | Politica - Crema
di Stefano Zaninelli

Lavoro. Intervista a Poletti: “servono giovani con competenze e imprese che assumano”

Dal mercato del lavoro arrivano segnali deboli ma chiari. Nel secondo trimestre 2017 l’Istat rileva un leggero aumento dell’occupazione e una lieve diminuzione della disoccupazione. In calo anche gli inattivi – le persone che non partecipano al mercato del lavoro – a testimonianza che l’indice di fiducia degli italiani sta cercando, non senza fatica, di invertire la rotta. Tuttavia, le variabili in gioco sono molte. In occasione dell’assemblea degli Industriali di Cremona, abbiamo chiesto al ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, di dare un’interpretazione ai dati più recenti.

 

Ministro, è merito della congiuntura economica o delle riforme?

“Credo sia un effetto combinato: se l’economia non tira, la legge no può certo produrre posti di lavoro. Tuttavia, una buona legge può favorire una buona condizione. Le riforme hanno sicuramente dato una spinta: oggi abbiamo circa un milione di nuovi posti di lavoro di cui la metà stabili. Ciò ha favorito una transizione positiva. Ne ha beneficiato anche la qualità del lavoro”.

 

Quali sono le priorità?

“L’obiettivo a breve termine è mettere a regime le leggi che abbiamo fatto, renderle applicabili e praticabili. Nel medio periodo dovremo lavorare sul tema della conoscenza e della formazione. La grande spinta all’innovazione, la tecnologia e l’automazione del lavoro ci impongono nuove riflessioni e risposte concrete”.

 

In cosa si traduce questa riflessione?

“Abbiamo bisogno di grandi investimenti nel settore dell’istruzione: dalle università agli istituti tecnici, passando per i licei e le scuole superiori. Altre risorse dovranno essere investite per l’apprendistato e la formazione, perché solo in questo modo possiamo far sì che la nostra economia possa competere con quella degli altri paesi”.

 

Istruzione e lavoro sono mondi inconciliabili?

“No, ma non c’è solo il tema del riallineamento tra scuola e lavoro. Dobbiamo dare una maggiore qualità di base alla formazione, compresa l’istruzione tecnica e scientifica. Dopodiché potremo avvicinare i due mondi. Il punto di partenza è quello istruttivo e formativo: l’apprendistato non è l’unica soluzione. Dobbiamo avere la consapevolezza che esistono molte leve da sfruttare”.

 

Il numero di giovani inattivi è ancora alto. Su cosa agire?

“Anzitutto sul tema della formazione: ci aiuterebbe a rendere l’incontro tra giovani e lavoro più facile. Oggi ci sono migliaia di posti di lavoro vacanti perché mancano le competenze dal lato dell’offerta lavorativa. Il secondo tema è quello della decontribuzione. Nella legge di bilancio inseriremo un provvedimento che prevede uno sconto contributivo di tre anni per l’azienda che assume i giovani. È possibile che una persona meno esperta produca di meno; l’impresa può valutare lo stesso l’assunzione perché sa di poter contare su un sostegno economico. Dobbiamo fare in modo che i giovani sviluppino più competenze e che le aziende li scelgano”.

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