29-07-2014 ore 18:37 | Economia - Associazioni
di Ramon Lombardi

Cna. Il fisco non è uguale per tutti, lo studio dell’Osservatorio permanente sulla tassazione delle piccole imprese

“Un reddito annuo di 10 mila euro può essere esente da tasse. Oppure gravato da un prelievo di 2650 euro, vale a dire consegnarne oltre un quarto all’erario. Una vera lotteria. La differenza tra i due trattamenti? Esclusivamente nel profilo giuridico dell’attività esercitata. “Lavoro che scegli, tassa che paghi”, si potrebbe sintetizzare in uno slogan. E adesso provate a spiegarli a un cittadino europeo”. E’ questo il commento a caldo di Giovanni Bozzini, presidente di CNA Cremona all’indomani della presentazione dei risultati, sorprendenti, di una ricerca dell’Osservatorio permanente CNA sulla tassazione delle Piccole imprese.

 

I tributi all’erario

“La riforma fiscale del 1973 - continua Bozzini - si poneva l’obiettivo opposto: garantire condizioni di equità tra le diverse categorie di reddito da lavoro sotto il profilo del prelievo fiscale. Dopo oltre quarant’anni, ci ritroviamo davvero messi male. A parità di reddito non garantisce parità di prelievo. E a fare le spese di questa incongruenza sono lavoratori autonomi, artigiani e piccoli imprenditori. La comoda, generica, e ingenerosa, accusa ricorrente di evasione fiscale solo perché possono autoliquidare i tributi dovuti all’erario, ha finito col tempo per accomunare, nell’immaginario collettivo, negativo lavoratori autonomi e piccoli imprenditori. Un retroterra che si è trasformato in humus politico e ha prodotto sostanziose divaricazioni nel peso del fisco, tanto più se si conteggia nell’imposizione complessiva anche la controversa e contestata Irap”.

 

Il prelievo dai redditi

Un reddito da 10 mila euro annui è esente per il lavoratore dipendente. Gli stessi 10 mila euro sono tassati al 16,6% per imprenditori individuali in contabilità semplificata e professionisti, addirittura al 26,5% per l’imprenditore in contabilità ordinaria. E’ vero che la crescita del reddito aiuta a ridurre le abissali, e inique, differenze nel prelievo fiscale ma senza rendere giustizia al lavoro autonomo o d’impresa. Di fronte a 20 mila euro di reddito annuo entra in campo il prelievo anche sul dipendente (al 14,11%). Nel contempo sale, sempre su 20 mila euro di reddito, al 23,65% per professionisti e imprenditori individuali in contabilità semplificata e al 27,5% per gli imprenditori in contabilità ordinaria. Mano a mano che le entrate da lavoro crescono, il livello dei prelievi tende ad addensarsi sulla fascia alta. Le differenze tra redditi uguali, ma generati da soggetti di natura giuridica diversa, non scompaiono, anzi si traducono in differenze pesanti migliaia di euro. A 30 mila euro il prelievo per i dipendenti arriva al 22,71% contro il 27,4% su imprenditori individuali in contabilità semplificata e professionisti e il 29,23% sugli imprenditori in contabilità ordinaria, che in dodici mesi subiscono, quindi, un prelievo di quasi 2mila euro superiore a quello del dipendente. Su 40 mila euro il prelievo sale rispettivamente al 27,44%, al 31,48% e al 32,3%. Infine, a 55 mila euro, il limite oltre il quale non sono più riconosciuti detrazioni o crediti d’imposta, la pressione fiscale arriva al 31,31 per i dipendenti e al 34,81% per autonomi e imprenditori, senza differenze.

 

La pressione fiscale

“E’ evidente – conclude Bozzini - che questa differenza non può durare in eterno. Vanno ristabilite condizioni di equità fiscale. E’ necessario, cioè, riportare progressivamente la pressione fiscale sulle piccole imprese personali allo stesso livello previsto per i lavoratori dipendenti, agendo simultaneamente su due leve: Irpef e Irap. Irpef: aumentando la detrazione da lavoro autonomo e d’impresa allo stesso livello previsto per i lavoratori dipendenti. Irap: definendo, in tempi brevi, i contorni della cosiddetta “autonoma organizzazione”, al fine di chiarire quali imprese individuali sono esenti dall’Irap, aumentando nel contempo la franchigia da questa imposta dagli attuali 10.500 a 25 mila euro. Così facendo, tutti i redditi, come nella riforma del 1973, torneranno ad essere messi sullo stesso piano sotto il profilo dell’imposizione fiscale”.

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