17-12-2014 ore 23:25 | Economia - Crema
di Riccardo Cremonesi

Crema. La truffa del debito pubblico, Paolo Ferrero: "disobbedire ai trattati internazionale per un'Europa dei popoli"

“Grazie alla truffa del debito pubblico la politica viene svuotata di potere, trasferito nelle mani dei decisori economici. Con questo espediente i Governi hanno tolto ai lavoratori per favorire i profitti e le rendite”. Paolo Ferrero non ha dubbi: la scusa del debito pubblico messo di fronte alle statistiche non regge. Lo ha ribadito ieri sera di fronte ad una interessata platea di oltre 50 persone, riunite in sala dei Ricevimenti alla presentazione del libro La truffa del debito pubblico, ultima fatica editoriale del segretario nazionale di Rifondazione Comunista.

 

L’origine delle disgrazie
“Il debito pubblico è la madre delle stangate”. Tutto nasce nel 1981, dal divorzio tra la Banca d’Italia ed il Ministero del Tesoro. Il debito pubblico inizia ad aumentare ad un tasso del 5% annuo ma non per causa della spesa pubblica. A gonfiare i pagamenti sono gli interessi sul debito, schizzati dall’1% al 5%. Con questa scusa, secondo Ferrero, si sono compiuti tagli in nome della tracotanza del Welfare e delle spese amministrative, senza che vi fosse riscontro nei dati economici.

 

Le derive
“Così ogni sacrificio è stato giustificato nel nome della riduzione del debito, hanno tolto diritti ai lavoratori e mortificato la spesa sociale”. Ferrero ha esposto con dovizia di argomentazioni le derive del debito pubblico: dalla distruzione della credibilità politica – “ormai chiunque pensa che il politico sia lì a fare i propri interessi e rubare soldi alla gente” – alla crisi della struttura sociale, “perché stanno inducendo ad una guerra fra poveri”. Senza scordare “la causa di tutte le truffe: le politiche neoliberiste”.

 

La terza via
Un modo per uscire dalla truffa secondo Ferrero esiste ed è praticabile: si tratta di quella che nel libro viene definita la terza via. “Per prima cosa bisogna recuperare la sovranità monetaria: la Bce deve cominciare prestare soldi agli Stati come fa con le banche private. È necessario, poi, fare un piano europeo per il lavoro, una specie di New Deal dell’Unione Europea. Infine, uniformare la tassazione in tutta Europa. Se per fare tutto questo si renderà necessario disobbedire ai trattati internazionali lo faremo, nel nome di un’Europa dei popoli, non dei mercati”.       

464