17-12-2014 ore 15:00 | Economia - Sindacati
di Paolo Carelli

'Jobs Act'. La Cisl sceglie il dialogo e si prepara alla battaglia sui decreti attuativi. Uccellini: "sciopero inutile, intervenire sui falsi contratti"

Calato il sipario sullo sciopero generale dello scorso 12 dicembre, resta sempre acceso il dibattito intorno al cosiddetto ‘Jobs Act’, la riforma del mercato del lavoro appena varata dal governo di Matteo Renzi. Come noto, all’appuntamento dello sciopero di otto ore il mondo sindacale si è presentato diviso, con Cgil e Uil a riempire le piazze italiane e la Cisl a tentare una mediazione, a marcare una presa di distanza dalle altre organizzazioni confederali che non fosse solo di facciata, ma fondata sul merito delle questioni.

 

Il documento della Cisl

Nelle scorse settimane, il Dipartimento Politiche del Mercato del Lavoro del sindacato cattolico ha reso disponibile ai propri dirigenti e iscritti un documento di approfondimento, con lo scopo di svelare la posizione su un tema spinoso e potenzialmente in grado di innescare ulteriori contrapposizioni tra governo e parti sociali.

 

I decreti attuativi e la "vera battaglia"

Un atteggiamento, quello della Cisl, volutamente pragmatico e attendista, come spiega chiaramente anche Mario Uccellini, segretario dell’Asse del Po, l’organismo territoriale che, a seguito di una riorganizzazione interna, ha sostituito – aggregandole – le segreterie provinciali di Cremona, Lodi e Mantova. “La questione vera – afferma Uccellini – riguarda i decreti attuativi con cui il governo dovrà riempire la legge delega approvata. Lì si giocherà la vera battaglia e lì bisognerà farsi trovare pronti sia con proposte alternative, sia con strumenti di dissenso. Lo sciopero generale? Crediamo non sia servito a nulla; in questa fase è inutile, fa perdere soldi ai lavoratori e alle aziende e non ha alcuna possibilità di incidere, tanto è vero che il Jobs Act è stato approvato comunque”.

 

Cinque temi da approfondire

Il documento redatto dalla Cisl si articola in una serie di macro-temi, per ciascuno dei quali vengono illustrate le decisioni assunte dalla riforma e registrati sia i pareri favorevoli del sindacato, che rivendica il recepimento di propri vecchi cavalli di battaglia, sia gli aspetti ancora da migliorare. Almeno cinque le aree su cui si concentra l’attenzione dell’organizzazione sindacale cattolica.

 

Gli ammortizzatori sociali

La prima consiste nel riordino degli ammortizzatori sociali, sia per quanto riguarda i rapporti di lavoro (la cassa integrazione) sia per le tutele in caso di disoccupazione. “Apprezziamo l’intenzione di razionalizzare in diversi modi l’utilizzo della cassa integrazione – si legge dal documento -, il pressing della Cisl è riuscito a recuperare la possibilità di utilizzo della cassa integrazione anche in caso di cessazione di attività, purché non definitiva”. L’auspicio è che i decreti attuativi contengano regole e coperture per i piani di risanamento e la gestione degli esuberi. “Siamo invece preoccupati – prosegue il commento – per l’intenzione di rapportare i limiti di durata ai singoli lavoratori. La Cisl non è disponibile ad interventi di carattere restrittivo; la Cassa integrazione va non solo mantenuta senza alcuna riduzione ma estesa a tutti i lavoratori, tramite un sostegno pubblico ai Fondi bilaterali di solidarietà estendendo nel contempo l’obbligo di adesione alle imprese con meno di 15 dipendenti”.

 

L'estensione della disoccupazione

Sul versante della disoccupazione, invece, la Cisl rivendica l’universalizzazione degli ammortizzatori sociali attraverso “l’estensione del campo di applicazione dell’Aspi”, ma chiede più coraggio invitando il governo ad aumentare la durata dell’indennità di disoccupazione fino a 24 mesi e a considerare “tutti i lavoratori iscritti alla Gestione Separata Inps con caratteristiche di monocommittenza”.

 

Politiche attive e servizi per l'impiego

La seconda area riguarda le politiche attive e i servizi per l’impiego. Qui la Cisl mostra di condividere l’impianto del governo di voler procedere a una “profonda rivitalizzazione dei servizi per l’impiego”, in particolare attraverso la costituzione di un’Agenzia Nazionale per l’occupazione, partecipata da Stato ed enti locali e che vedrà il coinvolgimento delle stesse parti sociali.

 

L'inserimento dei disabili

Su questo fronte, il sindacato invita a “un nuovo modello di governance che ridefinisca in particolare due obiettivi prioritari: omogeneità e coordinamento dei servizi per il lavoro e delle politiche attive”; a preoccupare il sindacato è l’intenzione di voler procedere alla razionalizzazione e revisione della legge 68/99, quella cioè che regola l’inserimento lavorativo dei disabili. Su questo punto, par di intuire, la Cisl darà battaglia.

 

Semplificazione normativa

La terza area consiste nella semplificazione degli adempimenti in tema di lavoro; la complessa ‘giungla’ normativa che regola il mercato del lavoro dovrebbe essere razionalizzata dal governo e ciò viene visto come un passaggio positivo dalla Cisl, purché si ponga attenzione al delicato tema delle sanzioni. “In particolare – si spiega – sul contrasto alle dimissioni in bianco ci riserviamo di valutare il decreto delegato di attuazione”.

 

Tipologie contrattuali

Il quarto tema che la Cisl pone all’attenzione riguarda le tipologie contrattuali; è il cuore del ‘Jobs Act’ e della rappresentazione mediatica che ne è stata fatta. Il cosiddetto ‘contratto a tutele crescenti’, il demansionamento e il salario minimo sono alcune delle questioni che intervengono a questo livello della discussione.

 

Abusi frequenti

La Cisl rivendica come una propria vittoria l’accoglimento da parte del testo governativo del superamento di alcune tipologie contrattuali; ma non basta, se è vero che si chiede anche il superamento del “ricorso ad alcuni contratti che danno luogo a frequenti abusi, a partire dalle forme di lavoro autonomo utilizzate in sostituzione del lavoro dipendente (associazione in partecipazione, false collaborazioni, false partite Iva)".

 

Licenziamenti illegittimi e reintegra

Sul versante dei licenziamenti disciplinari illegittimi, la Cisl sostiene l’applicazione della reintegra, su cui il governo ha fatto marcia indietro rispetto all’impostazione iniziale. “La Cisl chiede – si specifica – che nei decreti delegati venga chiarito che la reintegra resterà per l’insussistenza del fatto alla base del licenziamento disciplinare e chiede che venga chiarito pure che l’indennità economica deve essere adeguata”.

 

Salario minimo

Delicato anche il campo di applicazione del salario minimo, previsto nei casi non coperti da contrattazione collettiva; “va però chiarito – ammonisce la Cisl – che l’uscita di un’azienda dal rapporto associativo con un’organizzazione datoriale non costituisce motivo sufficiente per non applicare i minimi salariali del CCNL di riferimento”.

 

Maternità e conciliazione vita-lavoro

Infine, l’ultima area individuata riguarda il tema della maternità e della conciliazione vita-lavoro. L’attenzione del sindacato cattolico si concentra soprattutto sull’indennità di maternità; già nel 2010 la Cisl aveva chiesto “uno strumento universale di sostegno economico della maternità svincolato da requisiti contrattuali, reddituali e contribuitivi”. Una richiesta che ancora, secondo il documento, tarda ad essere riconosciuta.

 

Congedi parentali

La Cisl interviene anche su servizi per l’infanzia e congedi parentali; su quest’ultimo punto, si ritiene “inaccettabile subordinarli alle esigenze aziendali”, dal momento che la gestione della maternità e della paternità segue percorsi del tutto diversi dall’organizzazione aziendale.

 

Falsi contratti di lavoro

“Questo documento – spiega Uccellini – testimonia il senso di responsabilità di un’organizzazione come la Cisl che cerca di stare sul merito e di affrontare i problemi con grande concretezza e pragmatismo. Per quanto riguarda il nostro territorio, mi sento di segnalare che la nostra battaglia sarà, oltre che sulla disoccupazione, sui falsi contratti di lavoro; bisogna fare pulizia ed eliminare quelle forme quali per esempio le commesse di un negozio che figurano come socie in partecipazione o i casi, frequenti nel settore edile, in cui lavoratori dipendenti a tutti gli effetti sono stati costretti ad aprire partite Iva in monocommittenza. Sono situazioni non più sostenibili e contrarie alla dignità del lavoratore; mi auguro che il governo intervenga anche in questo senso”. 

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