31-05-2015 ore 11:01 | Cultura - Mostre
di Stefano Zaninelli

San Domenico. Opera condivisa, quando l’arte è donna e plurale. Inaugurata ieri la mostra della Terapeutica artistica di Brera

Sessantaquattro mani, 70 nodi, centinaia di metri di nastro: non bastano i numeri a descrivere l’Opera condivisa. C’era molto di più nell’installazione estemporanea che ieri una trentina di ragazze – sotto la guida della professoressa Tiziana Tacconi, dell’Accademia di Brera – hanno allestito nel giardino del San Domenico. Femminilità, collaborazione, legami: tutti temi racchiusi in un’unica, grande tessitura corale – “una trama per vivere uno spazio diverso” – ad inaugurazione dell’omonima mostra della Terapeutica artistica di Brera.

 

L’arte è terapia

“Siamo l’unico biennio specialistico – spiega la docente di Brera – che a livello nazionale forma una figura particolarissima, quella dell’artista terapista. Anche se questa definizione ha un che di retorico, perché l’arte è sempre terapia, ci consideriamo prima artisti e poi terapisti. In questi anni abbiamo cercato di portare arte a tutti, indistintamente: abbiamo creato nei reparti di ginecologia, nei manicomi e nelle prigioni: luoghi che, alle volte, hanno modificato la loro struttura dopo l’installazione dei nostri lavori”.

 

L'opera condivisa, una parte dell'esposizione (foto © Cremaonline.it)

L’esposizione

La mostra è vasta, varia ed eterogenea: occupa gli spazi della galleria Arteatro, il giardino della struttura di via Verdelli e persino una parte dei portici. Si compone di una ventina di opere di grandi dimensioni: tutto frutto di laboratori artistici svolti in contesti difficili. “Abbiamo esposto i lavori dei bambini di strada del Vietnam ed i ricami delle donne indiane di Varanasi – ha aggiunto Tacconi – nella prima grande mostra dedicata all’opera condivisa”.

 

Chiunque può fare arte

Non c’è oggetto esposto che non sia frutto di una molteplicità di mani. Dalle tele alle lenzuola ricamate, ogni opera è legata alla successiva dall’etica della condivisione, della pluralità. “Fare un’opera condivisa significa coinvolgere tutti, anche il passante che guarda distratto mentre noi stiamo realizzando. Abbiamo deciso di fare arte diversamente, senza passare dalle gallerie e dai critici bensì lavorando per strada, coinvolgendo chiunque. Ciò significa che chiunque può fare arte – conclude la docente – se gli è stato insegnato ad esprimersi nel modo corretto”.

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