Quando i resistenti su due ruote, reduci dalla pedalata della Liberazione, hanno infilato i velocipedi nelle apposite rastrelliere, la festa era già cominciata. A dire il vero era iniziata ancor prima che la manifestazione avesse il via: attorno alle 15.40 un nutrito gruppo di spettatori già applaudiva Gio Bressanelli ed il suo trio – Matteo Livraga al violino, Irene Bressanelli al sax e Giovanni Benelli al mandolino – mentre accordavano strumenti e corde vocali. Come s’addice all’anniversario della Liberazione, al Sant’Agostino l’allegria regnava sovrana.
Il concerto
Poche formalità e ancor meno discorsi istituzionali, protagonista indiscussa della manifestazione è stata la musica. Ogni canzone riecheggiava tra le colonne dei chiostri come un inno alla libertà, suonata con vigore e cantata a tutto fiato. Notevoli le prestazioni del Gruppo spontaneo di canto popolare, i cui decibel hanno più volte raggiunto picchi tali da soverchiare la chitarra del cantautore cremasco. Gli affezionati del genere avranno certamente apprezzato la scaletta del concerto, tempestata di successi popolari e brani in dialetto, aperta da Bella ciao delle mondine e chiusa con uno dei capolavori di Faber: Volta la carta.
Il gruppo del tango
Alle canzoni popolari sono stati alternati momenti di danza, grazie alla sapiente regia di Graziella Della Giovanna. Con grande eleganza, il Gruppo tango ha trasformato i portici del Sant’Agostino in una seducente milonga. Sotto i ripetuti colpi di boleo e dei vertiginosi saliscendi disegnati dai tacchi delle ballerine sulle gambe dei partner, un paio di coppie di presenti hanno abbandonato ogni inibizione unendosi alle danze.
Il coro ed i colori
Gran finale in sala Pietro da Cemmo con il Coro Marinelli, che diretto dal maestro Marco Marasco ha aperto l’esibizione intonando l’Inno di Mameli e l’Inno alla gioia. Durante tutta la manifestazione, le numerose composizioni floreali realizzate dall’istituto Stanga hanno aggiunto colore all’iniziativa. Molto apprezzato anche il sontuoso buffet servito dai ragazzi dello Sraffa: rarissimi i superstiti alimentari che hanno resistito ai ripetuti attacchi dei presenti.