25-07-2014 ore 13:45 | Cultura - Storia
di Luigi Dossena

Historia et imago Cremae. Il fiume Serio dalla sorgente alla foce: ciotoli, pagliuzze e pepite d’oro

La tavola di Peutinger è il documento più antico giunto sino a noi, nel suo genere: una sorta di cartina stradale ante litteram, che durante l’Impero Romano veniva frequentemente usata per orientarsi durante i viaggi. Scritta e dipinta nei primi secoli dopo Cristo, era un rotolo lungo svariati metri; andato perduto, venne ripreso da Peutinger qualche secolo fa. Sulla tabula Peutingeriana troviamo dipinti i tre fiumi della nostra zona: l’Oglio chiamato Umantia, il corso del fiume Adda (solo dipinto) ed un fiumicello che si immette nell’Adda chiamato Ubartum: potrebbe essere il fiume Serio (come pensiamo) o il fiume Tormo.

 

Ciotoli, pagliuzze e pepite d’oro

Il Serio è un figliuolo di cime medio alte che si raffronta con altri fiumi nati nella alta corona Alpina, è lì che il nostro flumen vede la luce, dalla più superba chiostra di monti, dove le prime balze, i primi contrafforti delle Orobie fanno da spartiacque fra le pianure e le nevi eterne. E’ da quei piccoli ghiacciai che sora acqua di frate Serio inizia il sentiero dell’eterno ritorno, invetriandosi sopra e sotto al biancore delle vette, fra ciotoli, pagliuzze e pepite d’oro. E’ da sempre che, all’albeggiare della buona stagione, i zampillanti fili d’acqua precipitano a rotta di collo sul pietrame, trascinando nella loro scivolosa discesa gli instabili banchi di ghiaccio, che lungo il percorso trovano piccoli specchi d’acqua lacustre.

 

Il percorso

Il neonato ruscelletto si imbatte da subito nel lago Barbellino Superiore, che è una bomboniera piena d’acqua punteggiata da enormi lastroni di ghiaccio, lumeggianti di giorno come di notte d’un tricolore che dall’indaco passa al viola e trasmuta in turchino. E così le acque del non-ancora-fiume diventano emissario del lago Barbellino, indugiando fra gli eriofori della sottostante torbiera e poi giù, a perdifiato, fra giganteschi ammassi di granito, saltellando schiumante i dislivelli fino ad accogliere i suoi primi affluenti. Tutt’attorno, a partire dalle pendici, appare una corta peluria: è la prima insistente vegetazione, la gemmazione vellutata di sorella erba che fa indossare la clamide alla nuda roccia.

 

Il ponte del Serio fra Sergnano e Casale Cremasco agli inizi del '900

 

Il Serio paga il Pizzo

A quota 1862 il ruscello si ferma quando giunge al Barbellino Inferiore che è un invaso creato dall’uomo faber circondato dalle vette del Pizzo del Diavolo, Pizzo Cappuccello, Pizzo Cavrel, Pizzo Strinato e Pizzo Recastello insomma il Serio paga il pizzo. Lì ben appunto si alza una diga alta 62 metri, che tiene prigioniero il nostro fiume per tutto l’anno, sino a quando alla fine di luglio l’acqua può fuggire dalla sua prigione affrontando un salto di ben 315 metri. Finalmente libero, dopo aver affrontato un breve tratto, il fiume si porta sul fondo valle lasciandosi alle spalle un dislivello di circa 1000 metri per infilarsi in un lettone, molto più grande di quanto le fresche acque possono occupare e così, comodo comodo, incontra gli enormi pietroni e accarezzandoli con un buffetto levigante.

 

La solitudine del fiume

Dopo tanta solitudine il Serio incontra il primo abitato chiamato Bondione, è lì dove il fiume nostro diventa maggiorenne, cioè diventa fiume solo quando riceve le acque del torrente Bondione. E così dopo aver preso patente, carta di identità e passaporto, scivolando sinuoso con un mezzo giro fra i piedi della grande mole conosciuta come vigna Soliva, sfreccia fra i villaggi di Fiumenero, Gromo San Martino e Gandellino. Fonti: Valerio Ferrari Il Serio riscoperto – ritratto di un fiume 1989

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