25-05-2015 ore 14:30 | Cultura - Storia
di Simone Riboldi

Museo civico di Crema. Dalla moniga al velocipede passando per le tradizioni locali: la scoperta della Casa cremasca

In quanto museo espressione della cultura locale, nel termine più ampio, il Museo civico di Crema e del Cremasco si confronta anche con la cultura di tipo materiale: tale confronto è ben esemplificato dalla Casa cremasca, ricostruzione di due ambienti, cucina e camera da letto, di una casa contadina sarebbe meglio dire dell’abitazione di un fattore del periodo compreso tra il finire dell’Ottocento e l’inizio del XX secolo.

 

L’abitazione rurale

Inaugurata nel 1969 dall’architetto Ermentini e riallestita poi nel 2005, la Casa cremasca si articola dunque attorno ai due nuclei fondanti di un’abitazione rurale, la cucina, meglio nota come la, un termine, dunque, che riassume la centralità della cucina, tanto da farla coincidere, in pratica, con l’abitazione stessa, e la camera da letto, altresì conosciuta come il suler, perché di solito posta al primo piano della casa colonica.

 

Il nucleo famigliare

La cucina, dunque, era il centro vero e proprio dell’abitazione, il luogo, l’unico riscaldato dell’abitazione grazie alla confortante presenza del camino che svolgeva anche la funzione di focolare per cucinare il cibo, in cui si svolgevano pranzi e cene, cioè i momenti più importanti della vita sociale nel mondo contadino. Attorno al desco si riuniva la famiglia, un nucleo spesso allargato sia in senso generazionale, quindi contenente padri, figli e nipoti, sia in senso parentale, includendo, ad esempio, i cugini, e dotato di una precisa struttura che faceva capo all’anziano, il capofamiglia, meglio noto come culunèl, la cui preminenza è ben simboleggiata dalla seggiola più massiccia a lui destinata e posta, ovviamente, a capo tavola.

 

La camera da letto (foto © Cremaonline.it)

La donna dominante

Accanto al capofamiglia troviamo la regiùra, cioè la donna dominante, con un ruolo secondario, e tuttavia figura di primo piano nella gestione della casa e dei suoi abitanti più giovani ed attenta ad integrare il reddito famigliare con l’allevamento di animali, ma anche con la filatura del lino e della lana. Nella cucina, oltre ai richiami alla struttura sociale, sono presenti oggetti che rimandano al mondo dell’alimentazione (ben esemplificata è la produzione del pane, che veniva poi cotto nel forno comunitario), e a tradizioni oggi perdute, come quella della dote, cioè del corredo di cui la donna veniva, appunto, “dotata” in occasione del matrimonio.

 

I simboli della fede

Nella camera da letto, la stanza più intima, anche se, a volte, affollata, specie nelle famiglie più povere, si verificavano, di fatto, l’inizio e la fine della vita, dal momento che era proprio in quel locale che si nasceva e si moriva. Per questo la stanza da letto vedeva la presenza di numerosi simboli della fede quali immaginette votive, acquasantiere, rosarii.

 

L’antenato della bicicletta

La stanza da letto, così come la cucina, rappresenta la povertà di vita dei contadini dei secoli scorsi, rappresentata, tra le altre cose, dal materasso, fatto con le foglie del granoturco, e dalla moniga, cioè dall’unico strumento in grado di regalare un po’ di tepore fra le coperte nelle gelide notti invernali. Arricchiscono la Casa cremasca, inoltre, alcuni giocattoli, un bell’esemplare di velocipede (l’antenato della bicicletta) ed alcuni oggetti tipici del lavoro nei campi quali l’aratro ed il crivello, un enorme setaccio usato, dopo la mietitura, per separare il grano dalla pula.  Bibliografia. La Casa cremasca, Crema, Museo civico di Crema e del Cremasco – Rorary club Crema, 2005.

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