24-04-2015 ore 11:30 | Cultura - Storia
di Simone Riboldi

Museo civico. Dal primo Novecento agli anni ’60: in rassegna le macchine da ufficio della sezione ‘Eliseo Restelli’

Un museo potrebbe essere inteso come una realtà che si occupa unicamente del passato remoto di una civiltà o di un luogo. In realtà i musei spesso guardano tanto all’antichità quanto alla contemporaneità: così accanto a sezioni come quella archeologica, che affonda le ragioni della sua esistenza nel passato più remoto del Cremasco, ne esistono altre che guardano a fasi più recenti della vita collettiva del nostro territorio, fasi che hanno visto uno sviluppo notevole ma che, allo stesso tempo, si sono già chiuse in maniera definitiva, diventando, con gli oggetti che le hanno caratterizzate, patrimonio storico della comunità.

 

La sezione Restelli

Questa affermazione è vera per la Casa cremasca, per la Sezione di Arte Moderna (SAM) e per la sezione di storia, ma anche per la sezione dedicata all’ingegner Restelli e alla produzione industriale più significativa per Crema del XX secolo, cioè quella delle macchine da ufficio, chiara testimonianza di un periodo della storia locale ed industriale passato per sempre. La sezione è dedicata ad Eliseo Restelli (1903-1973), artefice, di fatto, dell’affermazione dell’industria delle macchine da scrivere a Crema: tale industria, dopo i fasti della Serio (e, soprattutto, dei suoi prodotti a marchio Everest) e dell’Olivetti, ha definitivamente cessato di esistere nel corso degli anni Novanta del XX secolo, depauperando Crema ed il suo territorio di uno degli ultimi grandi stabilimenti presenti nel Cremasco.

 

La storia delle macchine d’ufficio

La sezione, costituita solo da una minima parte della collezione di macchine da scrivere di cui il Museo è proprietario, ricostruisce tanto la storia di tale macchina da ufficio quanto il suo sviluppo in terra cremasca, oltre a presentarci due ambienti di lavoro, uno di inizio Novecento e l’altro degli anni Sessanta del XX secolo. Le prime tre vetrine ripercorrono la storia della macchina da scrivere in America, in Europa ed in Italia: tale avventura iniziò nel 1873 grazie al modello 1 della ditta americana Remington. Alla produzione di questa azienda si affiancò, ben presto sorpassandola, quella della Underwood, che ebbe per oltre trent’anni come realizzazione di punta il modello n. 5 (di cui un esemplare si trova esposto nella prima vetrina), prodotto in oltre un milione di copie. Quasi contemporaneamente alla produzione Made in Usa iniziò a svilupparsi anche l’industria europea della macchina da scrivere, che mosse i suoi primi passi in Germania.

 

Un modello Everest Z5 (foto © Cremaonline.it)

L’Olivetti

Nel 1908 in Italia, ad Ivrea, nacque la Olivetti, il cui primo modello, la Olivetti M1 (anch’esso presente in esposizione), apparve nel 1911: la ditta piemontese, grazie anche alle indubbie capacità di Camillo prima ed Adriano Olivetti poi, arrivò presto a dominare il settore della macchina da scrivere in Italia e nel mondo. L’Olivetti nel 1969 si fuse con la ditta Serio, che, come già è stato ricordato, produceva macchina per scrivere nel suo stabilimento di Crema fino dal 1932, realizzando esemplari che sono diventati vere e proprie icone del mondo della macchina per scrivere, come quelle della serie Everest.

 

La storia della macchina da scrivere “cremasca

La quarta vetrina rappresenta proprio la storia della macchina da scrivere “cremasca”, dal momento che ospita tanto modelli prodotti dalla Serio, come la Sabb (1933) e la K2 (1952), quanto dalla Olivetti, come la Studio44 (1952) e, soprattutto, la Lettera22, la macchina da scrivere portatile tanto cara ad Indro Montanelli ed esposta in numerosi musei (uno su tutti, il MoMA di New York) per il suo riuscito design. La fusione tra Serio ed Olivetti determinò la costruzione di un nuovo stabilimento produttivo dell’azienda piemontese a Crema, in via Bramante. Al suo interno l’Olivetti realizzò la sua produzione di punta, costruendo nel 1978 la prima macchina per scrivere elettronica al mondo; nei primi anni Settanta tale stabilimento ospitava oltre tremila lavoratori.

 

La chiusura

Proprio l’avvento dell’elettronica, però, modificò profondamente la strategia aziendale, determinando un lento declino dell’insediamento produttivo dell’Olivetti a Crema che, dopo alterne vicende fatte più di bassi che di alti, chiuse definitivamente nel 1992, determinando anche la conclusione di una stagione industriale che, sviluppatasi sulla scia del boom economico, era nata sotto i migliori auspici ma si era infine conclusa in modo negativo.

 

Bibliografia

Sulla storia della presenza cremasca di Serio ed Olivetti. Dall'Everest all'Olivetti. Dalle "machinete" alla prima macchina da scrivere elettronica del mondo. Una pagina significativa della storia di Crema, Crema, Centro Galmozzi, 2002.

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