21-10-2015 ore 15:54 | Cultura - Proiezioni
di Ilario Grazioso

Crema. Multisala Porta Nova, sold out per la proiezione di Vergine giurata. Ospite d'onore la sceneggiatrice Francesca Manieri

Un successo per il Centro Galmozzi e il Circolo Nostalghia la proiezione di Vergine Giurata della regista Laura Bispuri, che ieri sera ha riempito in ogni ordine di posto la sala 3 (170 persone a sedere, molte rimaste fuori) del Multisala Portanova, alla presenza della sceneggiatrice Francesca Manieri. Un evento reso possibile anche grazie al sostegno dell’Associazione Popolare Crema per il Territorio e al patrocinio del comune di Crema, rappresentato dall’assessore alla cultura Paola Vailati.

 

Il Film

La storia di una donna albanese che sacrifica la sua femminilità per essere libera e poi, sacrifica il proprio onore per tornare a essere donna: questa in estrema sintesi, la trama del primo lungometraggio di Laura Bispuri, che si ispira al romanzo della scrittrice albanese Elvira Dones, e porta in sala ciò che il Kanun, il più importante codice consuetudinario albanese, prevede in alcune zone montuose del nord dell’Albania.

 

Il Kanun

Quasi a scandire un tempo così lontano dai modelli che l’occidente propone, il Kanun è un fenomeno che tuttora sussiste in una regione del nord dell’Albania, non sono molte le donne che vivono il dramma personale della rinuncia alla femminilità, per una vita condotta al maschile, osserva la Manieri, “ma ci sono e si ispirano al Kanun”, che, in una società arcaica e maschilista, in assenza di figli maschi in famiglia, prevede la possibilità per la donna di autoproclamarsi uomo, rinnegando tutti gli aspetti femminili e conducendo una vita come se fosse un uomo.

 

 

Le differenze tra film e romanzo

“Abbiamo scelto una via diversa rispetto al romanzo di Elvira Dones, rispettandone in parte le caratteristiche del personaggio protagonista, interpretato dalla straordinaria Alba Rohrwacher – ci dice Francesca Manieri – molto credibile nel suo modo di calarsi nel personaggio di Hana, poi diventato Mark, grazie al lavoro sulla gestualità e sull’espressività”. Infatti, nel romanzo di Elvira Dones vi è una liberazione più diretta e semplificata tra mondo maschile e femminile, mentre “noi abbiamo scelto una via più complessa”, aggiunge la sceneggiatrice.

 

Liberazione da molti stereotipi

In una società prettamente maschilista, quale quella che caratterizza le montagne albanesi dove è ambientato il film, il “ruolo della donna è continuamente vessato, la donna viene vista come un otre ed il codice Kanun, le nega ogni diritto”, racconta Francesca Manieri, ma la donna ha però una possibilità di vendetta: quella di contravvenire ai dettami del codice consuetudinario e, quasi per uscire da questa situazione, diventare una “vergine giurata”. La visione che sta alla base della sceneggiatura è stata quella di “voler interpretare una metafora, per parlare del corpo femminile e di come viene visto in occidente – dice la sceneggiatrice, secondo la quale – con questo film si è voluto sottolineare la liberazione da molti stereotipi legati alla femminilità, senza alcuna intenzione di produrre un qualcosa, che andasse contro una zona territoriale circoscritta”, ma provando a raccontare uno spaccato di società primordiale, che resiste in qualche modo anche ai giorni nostri. E qual è secondo la sceneggiatrice, la condizione femminile dei nostri tempi? “Una condizione nella quale si sta vivendo un grande viaggio, le cui tappe sono ancora da scrivere, un viaggio faticoso e doloroso, tra la donna e il suo corpo”, conclude.

 

I saluti di Antonaccio e Lori

Prima della proiezione, i saluti da parte di Nino Antonaccio per il Centro Galmozzi, che ha invitato il pubblico alla riflessione sui tanti spunti che il film offre e di Massimo Lori, per il circolo Nostalghia, che ha ricordato Morando Morandini, critico cinematografico recentemente scomparso e ospite del circolo nei primi anni ’90. È importante dare visibilità a film come questo, che meritano di essere valorizzati e che spesso non lo sono, a causa di quello che Lori definisce “la censura di mercato”. Un film di grande originalità, con una Alba Rohrwacher in grado di comunicare con la sua fisicità ed espressività, più ancora dei dialoghi in albanese, con i sottotitoli in italiano; un film che nel complesso, conclude Lori, si caratterizza più per i silenzi che per le parole.

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