19-11-2016 ore 20:44 | Cultura - Tradizioni
di don Emilio Lingiardi

Crema. Domenica 20 novembre la festa del venerato crocifisso, misericordia di Dio

La conclusione dell’anno liturgico, domenica 20 novembre, secondo le chiare indicazioni del Concilio ecumenico vaticano secondo, vuole esaltare la regalità di Gesù, signore dell’universo e dominatore del cosmo. Dal 1970, a Crema, il vescovo Carlo Manziana ha voluto unire a questa celebrazione la festa del nostro venerato crocifisso, che da secoli veglia sul nostro territorio e sulle nostre case. Gesù infatti è re dalla croce, secondo il titolus fatto scrivere da Pilato, come motivo della sua condanna: “Gesù nazareno, re dei Giudei”. Cantavano del resto gli antichi inni: “regnavit a ligno deus”, ovvero “Dio ha regnato dal legno della croce”. Una regalità non di dominio o di potere, ma di servizio fino al dono totale della sua vita come nuovo Adamo che obbedisce al disegno divino e vero fratello dell’umanità di cui condivide il destino di sofferenza e morte. Mentre il papa in questa domenica conclude a Roma l’anno giubilare della misericordia, il vangelo di Luca testimonierà l’amore tenero di Gesù che, al malfattore pentito assicura l’ingresso in paradiso, cuore dell’amore di Dio padre.

 

Le storture del peccato

Da secoli il popolo cremasco prega e invoca il suo crocifisso, nella cappella riservata e silenziosa dove si può ammirare Gesù con lo sguardo aperto sui fedeli con due caratteristiche: le gambe leggermente curvate sulla sinistra di chi osserva che l’autore, nel corso della teologia simbolica tipica del 1300, ha voluto presentare come liberazione dalle storture del peccato e cammino per una strada diritta del vangelo. Gesù infatti porta su di sé il peccato di tutta l’umanità e in latino peccatum deriva da pecus/pecoris, che significa “pecora zoppa”. Tutti gli uomini sono azzoppati dal peccato e portando sulla croce tutti i peccatori li immette sulla strada della pienezza d’umanità fondata sul vangelo. Un’altra caratteristica è la ferita a destra, al costato, nonostante l’estrema precisione anatomica del torace. L’autore ha visto realizzata l’antica profezia di Ezechiele (del VII a.C) che vedeva dal lato destro del tempio in Gerusalemme sgorgare acqua tersa e limpida che avrebbe trasformato perfino il mar Morto. Quest’acqua non è mai sorta dal monte Moria, ma un giorno sgorgherà dal costato aperto di Gesù, che saprà rinnovare l’aridità del cuore di ogni uomo e trasformarlo in frutti di vita buona e gustosa.

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