17-12-2023 ore 20:35 | Cultura - Manifestazioni
di Annamaria Carioni

La fragilità abita il mondo: l'evento conclusivo del progetto Vivere ancora al san Domenico

Quante volte ci siamo interrogati sulla nostra vita, su cosa ci spinga ad andare avanti, su cosa ci fa alzare dal letto ogni mattina e affrontare una nuova tappa di un viaggio, che non sappiamo dove ci condurrà, ma che sappiamo di dover vivere? Siamo in tanti al S. Domenico per l'evento conclusivo del progetto “Vivere ancora”, per ascoltare le storie di chi ha accettato di mettersi a nudo, di condividere le proprie fragilità e di affermare con voce ferma ed emozionata che è possibile farcela, soprattutto se non si resta da soli, se qualcuno presta attenzione e tende una mano. Insieme si condivide un momento spettacolare, nel senso che si assiste ad uno spettacolo, ma anche e soprattutto nel senso che è accaduto qualcosa di esaltante: per una volta chi non ha voce, chi è invisibile ha potuto mostrarsi per ciò che è ed ha regalato qualcosa di prezioso.

 

La fragilità abita il mondo

Sul palco nove narratori, seduti uno accanto all'altro, e davanti a loro microfoni e leggii: si alzano a turno e portano se stessi o la voce di chi non ha potuto essere presente di persona. Non hanno bisogno di recitare, di caricare pensieri e racconti di vite vere, vissute fino al midollo, perdute e poi rinate, grazie all'ordinaria forza della fragilità. “Non bisogna essere forti per essere forti”. La giovane, che legge questa frase, colpisce dritto al cuore: essere forti, essere fragili, due facciate della stessa medaglia, due condizioni del vivere comuni a tutti, anche a chi fatica a vedere le proprie fragilità così come a chi si sforza di cogliere la propria forza interiore senza trovarla.

 

Diversi fuori, uguali dentro

A sipario ancora chiuso Nino Antonaccio, presidente del Centro Ricerca Galmozzi, ha anticipato che chi ha lavorato a questo progetto si è avventurato in stanze, in cui non si entra facilmente. Dopo le testimonianze, ascoltate dalla platea in religioso silenzio, è la volta delle immagini, realizzate dai tre operatori che in quelle stanze sono entrati: Michele Mariani, David Tacla Donesana e Ottavio Bolzoni hanno toccato con mano che, per quanto possiamo sembrare diversi, in realtà siamo più simili di quanto immaginiamo. Le immagini, che scorrono sullo schermo, incisive e poetiche, parlano da sole: sono la sintesi dei video realizzati, che si possono vedere sul sito di Cremaonline, dove è presente la playlist completa.

 

Fardelli di fragilità

Sul palco qualcuno si commuove e anche in sala scorre qualche lacrima.“Dove un filo di voce è tutto quello che hai” canta il cantautore cremasco Giovanni Bressanelli, che, accompagnato dalla sua inseparabile chitarra, porta sul palco la sua musica e la sua storia di eufonia e logopedia. Anche la musica è ascolto: l'incantevole voce di Debora Tundo, accarezzata dalle note del maestro Alessandro Lupo Pasini, avvolge l'emozione dei presenti e la amplifica. Luci a S. Siro di Roberto Vecchioni e My way, cantata fra gli altri da Frank Sinatra, toccano luoghi profondi dell'anima, così come è stata capace di fare l'attenta regia di Rosa Maria Messina, che ha magistralmente intrecciato musica, voci narranti e contributi filmati.

 

Il plauso del Sindaco

Il primo cittadino di Crema parla di uno “straordinario dono fatto alla città da parte di persone, uomini e donne, che attraversano il dono della vita con la fragilità propria e collettiva. E' una ricerca di storie individuali, che vale quanto la coprogettazione di un piano di zona e che l'amministrazione leggerà con attenzione”. Fabio Bergamaschi accenna anche al libro, realizzato dal Centro Galmozzi con il supporto di Cremaonline: “E' una bellissima istantanea della nostra comunità, senza retorica, che ci fa sentire tutti accomunati nella condivisione della fragilità, ma anche con uno sguardo alla forza di riemergere”.

 

Presente e futuro

Felice Lopopolo, anima del progetto, interviene in chiusura: “Ho indossato il vestito della festa, perché oggi per me è un giorno di festa. La fragilità fa parte della natura umana. Siamo andati a bussare alle porte di privati cittadini, di istituzioni, di associazioni del territorio. Tutti hanno accolto il nostro pellegrinaggio. In mezzo al frastuono mediatico non è facile ascoltare, speriamo di esserci riusciti”. L'evento si chiude con i protagonisti, riuniti sul palco, con i volti pieni di gioia e di riconoscenza verso tutte le persone che hanno reso possibile l'impresa, con il cuore e la mente già proiettati verso la prossima sfida: mettersi in dialogo con il mondo dei giovani.

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