17-04-2015 ore 10:00 | Cultura - Arte
di Andrea Galvani

Federico Boriani, l'artista dell'identità cremasca. Al Sant'Agostino una mostra dedicata al grande maestro

Dai pastelli della metà degli anni Cinquanta al periodo verde, seguito dal rosa degli anni Settanta, contraddistinto dalla mostra a Parigi e rappresentato da uno splendido, sognante olio della laguna di Venezia. E ancora gli acquerelli e gli oli utilizzati per raffigurare scorci incantati, cesti di frutta pieni di energia, oppure i vasi di fiori ricchi di armonia e serenità. In sala Agello, presso il centro culturale Sant'Agostino, prosegue la mostra dedicata a Federico Boriani che, per Walter Venchiarutti, curatore del quinto quaderno di antropologia sociale dedicato alle Testimonianze, studi e memorie del grande artista, ha il grande merito di aver raffigurato l'identità del territorio cremasco, in particolare per quanto concerne la vita delle campagne e nelle cascine nostrane.

 

Uomo senza pregiudizi

“L'arte è emozione. Mi ripeteva sempre, dobbiamo abituare la gente al bello”. Lo sguardo della signora Emerenziana è vivace, i suoi occhi azzurri, dolci, intensi e sognanti come molti paesaggi dipinti dal marito, sfuggono al controllo degli occhiali tondi e anche se la mano non è più ferma come vorrebbe, il ricordo è forte ed il racconto appassionato: “abbiamo viaggiato molto, fatto mostre in tutta Italia, da Palermo a Roma, a Spoleto, Firenze, Perugia, Salsomaggiore. Amava incontrare le persone, era molto generoso, era un uomo senza pregiudizi, anche a livello politico”. Tranne che per i fascisti: “contro di loro aveva fatto delle vignette satiriche e per quelle era stato arrestato; ha fatto anche 8 giorni di prigione”, racconta divertita.

 

L'armonia e la serenità

Anche se capace di potenti arrabbiature - “soprattutto col Sant'Agostino”, il centro culturale cremasco, “perché non facevano le cose come avrebbero dovuto” - la prima cosa che le viene in mente è “la serenità”. Questo è ciò che vorrebbe trasparisse dall'opera del marito: “la serenità e l'armonia. Era un uomo generoso, amava i bambini, andava spesso nelle scuole a fare lezione, ma la sua passione erano le passeggiate in campagna, la vita semplice delle cascine, la solidarietà e la socialità di un tempo, che oggi non c'è più”.

 

Musica e letteratura

Il maestro Boriani leggeva tantissimo, riviste, libri, giornali: “Ogni giorno, per tutta la vita, usciva la mattina, saliva in macchina e andava a comprare il Corriere della sera. Non smetteva finché non l'aveva letto tutto”. L'altra grande passione era la musica, soprattutto la lirica, anche se non disdegnava la musica moderna: “ricordo ad esempio un concerto alla Scala di Stockhausen”. Negli Anni Sessanta abitavano in via Matteotti, in centro Crema, avevano una litografia: “mio marito è stato pubblicista, ma non aveva particolari doti. Dipingere, invece, gli procurava un estermo piacere, lo rendeva felice, come si può vedere dai suoi quadri”.

 

Un acquarello di Boriani (foto © Cremaonline.it)

 

Gli acquarelli

Tutta la famiglia ha partecipato alla sua arte. I figli, da piccoli, hanno fatto da modelli: “li dipingeva quando erano mascherine, da clown o da pagliaccetto. Poi hanno sempre viaggiato con noi, dovunque andassimo”. Oltre alla terracotta, “che gli piaceva, ma fino a un certo punto”, adorava disegnare ma soprattutto realizzare acquarelli: “si portava tutto il necessario e disegnava sempre tantissimo. A volte faceva gli acquarelli direttamente sul posto, usando solo i colori, senza traccia, altre volte si preparava dei disegni e li colorava nello studio, a casa”.

 

 

Galleria Civerchio

Grande artista, uomo generoso e buono. Eppure aveva un grande difetto: “a mio marito andava sempre bene tutto. Non considerava nemmeno il principio del farsi pagare, era del tutto privo del senso del mercato. Era sempre pronto a regalare un disegno a chi lo chiedeva”. Quando in via Cesare Battisti chiuse la Galleria di Muchetti, la signora Emerenziana ha colto l'occasione: “ho fatto delle grandi litigate per lui, per fare in modo che mio marito venisse conosciuto e la sua arte apprezzata. Sono andata a prendere Redondi e l'ho convinto a mettere su la Galleria Civerchio, nel 1990. In breve tempo è diventato un circolo culturale. C'era grande fermento, la volontà di fare gruppo, mentre ora mi sembra che si pensi più alla propria individualità. I tempi sono cambiati, ma anche se non si può tornare indietro vanno rinfrescati i valori che sembrano perduti: l'etica, il rispetto e la solidarietà”.

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