14-06-2014 ore 17:58 | Cultura - Storia
di Luigi Dossena

Historia et imago Cremae. 28 marzo 1797, i cento giorni di vita della Repubblica di Crema. Storie ed aneddoti

Ebbene sì, anche Crema per cento giorni è stata una Repubblica sovrana, un libero Stato in libero sogno, precisamente furono tre mesi e dodici giorni. Tutto cominciò il 28 marzo 1797, ma, come si sa, i sogni finiscono all’alba, ben appunto l’alba del 10 luglio 1797. Per una fonte, il 28 marzo vennero proclamati i trentadue componenti del nuovo Stato in nome del popolo sovrano; per altra fonte, con tanto di manifesto affisso per le vie cittadine, furono dodici, chiamati municipalisti.

 

La Guardia Nazionale

I capi del nuovo Stato non ci hanno fatto sapere, o non hanno avuto tempo di definire il Capo di Stato, il Primo Ministro, il Ministro dell’Interno, gli Ambasciatori, eccetera. Naturalmente tutto questo avveniva sotto l’occhio dei dragoni francesi che così per caso il 28 marzo entrarono in città e col loro silenzio assenso permisero questo grottesco laissez faire. Comunque, che siano stati trentadue o dodici, i poteri degli eletti dalla municipalità sovrana erano totali e assoluti. Per cominciare, con un solenne decreto si dotarono di uno stipendio di lire quindici e di quindici soldi milanesi: non una, ma due valute, non si sa mai... Qual seconda cosa i nuovi statisti organizzarono la Guardia Nazionale (eh sì, quella ci voleva proprio…) alla leva si dovevano obbligatoriamente arruolare tutti i cittadini che avessero compiuto non diciotto, ma diciassette anni.

 

Battaglione della Speranza

Sempre per la sicurezza interna venne allestito un servizio parallelo chiamato Battaglione della Speranza: tutti i cittadini dai sette ai diciassette anni erano chiamati alle armi. Infine, per non far la solita figura di rozzi campanilisti smaccatamente provinciali venne allestita una Legione Straniera regolare a sostegno dei francesi e di Napoleone, per le sue campagne in giro per il mondo. Il consiglio dei Ministri nostrano con un terzo documento decretò che tutti gli oggetti preziosi ,oro, pietre, argenti e tutti gli oggetti d’arte presenti nelle chiese e nei conventi cremaschi dovessero essere loro consegnati, naturalmente sempre per il bene della patria, per essere in seguito fusi. Genericamente dissero al popolo cremasco che lo avrebbero inviato a Milano, in realtà i neogovernatori cremae poco democraticamente tennero tutto il cucuzzaro per loro… e va bè, era il prezzo della libertà.

 

Il Circolo Costituzionale

I padri della patria cremasca aprirono un Direttorio ove si sarebbe formata la Costituzione e lo chiamarono Circolo Costituzionale: era un sinedrio in cui nei giorni stabiliti della settimana si spiegava la Mistica Rivoluzionaria. Questo scorcio del secolo dei Lumi in riva al Serio, insomma l’illuminismo cremasco, dava la possibilità a tutti di tenere cattedra. Perciò frotte di novelli Diderot e Voltaire nostrani dal pulpito posto in piazza Duomo all’ombra dell’albero della Libertà strologavano e gli arringatori sgomitavano per salire ed avere il loro quarto d’ora di celebrità (Warhol non ha inventato niente…).

 

Lo Stato cremasco

Uno dopo l’altro i tribuni disquisivano sul da farsi; facchini, frati sfratati e preti in abito giacobino. Persino la mogliera di un peltraio fece una così alta prolusione allo Stato cremasco che fu incoronata con l’alloro e portata in trionfo per le vie cittadine con una baldoria indescrivibile. Tale fu il successo di quelle orazioni in quei cento giorni che i reggitori del neo Stato vollero che il vescovo e i sacerdoti intervenissero alle sedute quando ogni domenica il popolo riunito in piazza Duomo aspettava il momento clou nell’ascoltare incantato le spassosissime concioni di un operaio autoproclamatosi re Pipino.

 

Continui baccanali

Il 29 Marzo 1797 il Comitato Provvisorio Rivoluzionario fece togliere la statua del leone e la atterrarono sul nudo acciottolato; staccarono la catena che da secoli penzolava sulla facciata del Torrazzo e gliela misero al collo. Di fronte al Palazzo Vescovile fu innalzato l’albero della Libertà e i baccanali si susseguirono notte e giorno anche perché in quasi tutte le vie i cremaschi potevano bere gratis vino dalle botti. Il podestà veneto Contarini per una fonte venne arrestato e per altra se la diede a gambe. Vennero aboliti i titoli nobiliari e in piazza Duomo si accese un falò ove a tutti i nobili fu imposto di gettare la parrucca.

 

Tre mesi e dodici giorni dopo …

La Repubblica Cremasca dopo tre mesi e dodici giorni cessò per aggregarsi alla Repubblica Cisalpina che ebbe origine col solenne atto federativo avvenuto a Milano il 9 luglio 1797; anno in cui concorsero a formarla non soltanto lo Stato di Milano, ossia l’ex Lombardia austriaca, ma anche altre tre città: Bergamo, Brescia e naturalmente Crema. Fonti e fotografie: Folclore Cremasco, don Francesco Piantelli. L'Araldo - Stemmi e blasoni di Crema, Mario Cassi. Risorgimento cremasco dalla repubblica all'unità d'Italia (1796-1861), Mario Cassi e Gastone Cattaneo, 2011. Vicende degli edifici monumentali e storici di Crema, Mario Perolini, 1975

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