08-11-2015 ore 16:34 | Cultura - Arte
di Rebecca Ronchi

Fondazione San Domenico, la mostra di Alessandro Boezio. Installazioni scultoree alla ricerca della gestualità e del rituale

Presso la galleria della Fondazione San Domenico di Crema è possibile visitare la mostra The Archetype dell'artista Alessandro Boezio. L'allestimento si pone come progetto site-specific dedicato alla produzione installativa, scultorea e ambientale dell’artista, rappresentato dalla galleria bresciana e3artecontemporanea. La mostra, visitabile sino al 22 novembre, è aperta al pubblico gratuitamente dal martedì al sabato, dalle ore 16 alle 19 e la domenica dalle ore 10 alle 12.

 

L'artista
Attento alla relazione con il luogo inteso come contenitore di memoria e di storia, Boezio crea un progetto espositivo di profonda suggestione, approfondendo le tematiche del gesto e del corpo attraverso installazioni scultoree appositamente ideate e realizzate per la mostra. Come suggerisce il titolo, The Archetype, l’intenzione è quella di ritrovare, nella freschezza plastica della scultura attuale, il senso primario e fondante della gestualità e del rituale, partendo da uno studio attento sulle rappresentazioni dell’Ultima Cena quali momenti di trasmissione di un messaggio spirituale e metafisico che ancor oggi costituisce la base della nostra cultura visuale, recuperando congiuntamente il valore archetipico della gestualità dalla mitologia greca con le sue metamorfosi, ai moti dell’animo rinascimentali.

 

The Archetype. L'inaugurazione della mostra, al microfono Alessandro Boezio (foto © Cremaonline.it)

 

La mostra
Sono presenti una decina di sculture e installazioni con rimandi a simbologie enigmatiche influenzate dal gotico lombardo, incrociando nelle opere ispirazioni dai dipinti di Pietro Da Cemmo, artista presente negli spazi del museo civico, con divagazioni concettuali che recuperano il concetto di archetipo come reiterazione rinnovantesi del gesto della mano e del corpo: ora come icona di riferimento dell’arte di ogni tempo, con particolare riferimento all’Ultima cena, ora come sintesi dell’elaborazione manuale e fisica dell’oggetto scultoreo da parte dell’artista, ora anche come momento di incontro polisensoriale e performativo tra musica, architettura, pubblico e opera, in un osmosi ricreativa dello spazio e del tempo della visione e della contemplazione.

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