08-07-2016 ore 19:00 | Cultura - Crema in litteris
di Nicolò Premi

Crema in litteris. Fu cremasco il primo penalista della storia. Alberto Gandino e la querelle sulle sue origini

Per una città il fatto di aver dato i natali a una personalità storica illustre è da sempre motivo di vanto e di orgoglio civico oltreché, spesso, opportunità di riflessione e pretesto di attività commemorative di varia natura. La città di Crema, dal canto suo, tra i tanti importanti personaggi venuti alla luce tra le sue mura ne annovera uno che è tanto rinomato quanto totalmente trascurato dalla memoria dei più: Alberto Gandino da Crema. Nato a Crema tra il 1240 e il 1250, è ricordato nell’ambito della storia del diritto come il fondatore del diritto penale e processuale penale dell’evo moderno come disciplina autonoma. Gandino fu autore infatti del primo trattato processual-penalistico del Medioevo: il Tractatus de maleficiis.

 

La scuola dei glossatori

Per comprendere appieno la portata storica della personalità e dell’opera di questo giureconsulto bisogna tenere presenti alcuni snodi fondamentali della storia del diritto della sua epoca. Nel corso della seconda metà del XIII secolo, nell’ambiente universitario bolognese, era attiva una scuola di giuristi nota come scuola dei glossatori il cui scopo era glossare, ossia annotare, commentare e spiegare il Corpus iuris civilis, la raccolta di materiale normativo e giurisprudenziale voluta da Giustiniano I nel VI secolo d. C. e rielaborata dai giurisperiti bolognesi a partire dal XII secolo. Nessuno di questi glossatori scriveva trattati autonomi e originali rispetto al Corpus: essi si limitavano a intavolare discussioni teoriche di diritto sotto forma di note a margine del testo antico.

 

La vita quotidiana

Il trattato di Gandino si inserisce proprio nella fase terminale di crisi della scuola dei glossatori e si impone come inedito e rivoluzionario nel suo campo. Gandino a differenza dei maestri glossatori, non era un teorico, ma un practicus, il maggiore della sua epoca: una volta spostatosi da Crema infatti fu attivo come giudice, assessore e podestà a Perugia, Bologna, Firenze, Siena e Fermo e fu proprio da questa attività pratica - e non solamente dal sapere libresco - che trasse il materiale necessario per comporre la sua opera. Così il suo Tractatus de maleficiis, non presenta finalità espositive o didattiche come gli scritti dei glossatori, ma riserva per la prima volta un’attenzione particolare alle fattispecie giuridiche di ambito criminalistico provenienti dalla vita quotidiana delle città e dal clima bellicoso che le interessò negli ultimi decenni del Duecento. In questo modo Gandino riuscì ad adeguare il complesso quadro delle norme di diritto e di procedura penale a una realtà politico-sociale in continuo mutamento come quella delle città italiane del tempo.

 

Grande influenza

Nel suo Tractatus, in particolare, il giurista cremasco si occupa di temi fondamentali del diritto processuale penale quali l’accusa, l’ufficio degli avvocati nel procedimento accusatorio, la denuncia, il procedimento inquisitorio, la citazione, l’ufficio del procuratore, il procedimento in contumacia, la tortura giudiziaria, la difesa, le pene e molto altro ancora. Per valutare la sua statura culturale basti il fatto che la visione penale veicolata dalla sua opera influì profondamente sul pensiero di Dante che quasi certamente ebbe modo di leggere il trattato di Gandino: Alberto fu, tra le altre cose, giudice nella Firenze della giovinezza dell’Alighieri e, molto probabilmente, conobbe il giurista bolognese Francesco D’Accursio che Dante pone all’inferno tra i sodomiti.

 

La disputa e l’oblio

Ci si può chiedere ora perché di una personalità così importante non sia rimasta nessuna memoria a Crema: non esiste nella città, ad esempio, nessuna via col suo nome. La risposta non sta solamente nella limitata divulgazione delle tematiche di storia del diritto, spesso appannaggio dei soli specialisti o degli eruditi. Il più importante motivo dell’oblio a cui è stato sottoposto il personaggio risiede probabilmente in una vera e propria querelle storiografica di durata secolare sulla patria natale del giurista. La querelle vede schierate due opposte fazioni: da un lato, nel XV secolo, il letterato bizantino Tommaso Diplovatazio e l’umanista cremonese Marco Gerolamo Vida, basandosi entrambi su un errore contenuto in alcuni manoscritti del Tractatus de maleficiis, a proposito di Alberto Gandino scrissero il primo – in un suo trattato biografico sui giuristi più influenti dell’antichità e del Medioevo – che era patria Cremonensis, il secondo addirittura che un giurista di tale rilievo costituiva un motivo di vanto per la città di Cremona nei confronti dell’avversaria Pavia. Dall’altro lato dello schieramento della querelle invece il letterato bergamasco del XVII secolo Donato Calvi, dal momento che il nome del nostro giurista compare in alcuni documenti nella forma Albertus de Gandino de Crema, argomentò che fu originario di Gandino, paese in provincia di Bergamo e appartenne alla celebre famiglia bergamasca dei Crema. L’interpretazione di Calvi, vista l’autorità del letterato, ebbe fortuna ed è verosimilmente alla base del nome di una via di Milano nel quartiere Baggio dedicata al nostro giurista: via Alberto da Gandino (!).

 

Le ricerche di Kantorowicz

Bisogna attendere il 1845 perché uno studioso si impegnasse a chiarire una volta per tutte la questione facendo giustizia alla città di Crema. L’erudito cremasco Giovanni Solera infatti, lamentando con una certa stizza in un suo scritto il fatto che “di tanti uomini segnalati, in vari tempi prodotti dalla patria nostra, i più famosi e illustri ci vengano dalle vicine città usurpati”, affermò che tra le “27 Vicinanze, nelle quali fu compartita la Terra nostra nella riedificazione principiata da Federico Barbarossa nel 1185, una ce ne fu sotto la porta di Rivolta, detta de’ Gandini”. Sulla linea di Giovanni Solera si mosse all’inizio del Novecento il tedesco Hermann Ulrich Kantorowicz (nell'immagine), che dedicò a Gandino una monografia (Albertus Gandinus und das Strafrecht der Scholastik, 1907). Kantorowicz – che visitò il seminario vescovile e la biblioteca comunale di Crema dove fu assistito dal fu direttore il professor Magnani – riprende l’argomento di Solera a proposito delle vicinanze, aggiunge puntuali rilievi onomastici sul nome del nostro e cita alcune località in territorio cremasco che ricordano la famiglia Gandini: la comunità Cascine Gandini a 10 chilometri a nord ovest di Crema, senza ombra di dubbio in possesso della nobile famiglia e una corte Cascina Gandino nel comune di Sergnano.

 

Il doveroso riconoscimento

Kantorowicz conclude infine che Crema è senz’altro l’autentico luogo di nascita di Alberto Gandino, corretta dicitura del suo nome in italiano. Con lo studio di Kantorowicz possiamo dunque considerare definitivamente risolta la querelle sui natali di Alberto Gandino, giurista cremasco. Ci si augura allora che presto gli sia riconosciuto, con settecento anni di ritardo, almeno un qualche omaggio, un ricordo o anche una semplice menzione in qualche angolo della nostra città, onusta di anni e di glorie dimenticate. Per approfondire le argomentazioni di Kantorowicz a proposito della patria di Alberto Gandino si veda la prima traduzione italiana di un estratto della monografia dello storico tedesco approntata su mia specifica richiesta dalla germanista profossoressa Marina Decò e reperibile sul sito Academia.edu cliccando qui. Le esprimo in questa sede la mia gratitudine.

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