01-08-2014 ore 15:04 | Cultura - Storia
di Luigi Dossena

Historia et imago Cremae. Il Serio e il suo percorso: da Castel Gabbiano alla Palata del Menasciutto sino a Boccaserio

Et cussì, lasciate le natie sorgenti et l’ultimo lembo di terra Orobica, al fiume Serio si dischiude la valle dei templi della civiltà contadina, punteggiata dalle cascine cremasche: i templi. All’ingresso in terra nostra, fa da anfitrione l’incastellato di Castel Gabbiano con villaggio annesso, parrebbe sibilare: habemus Sarrius. Poco più sotto, i gran cerimonieri posti uno dirimpetto all’altro: Trezolascus et Vidulasco, le Colonne d’Ercole verso il nostro mondo, in realtà due piccoli villaggi o poco più.

 

Il triduo lessicale

Questi due paesi componevano con il Cremasco una sorta di triduo lessicale legato al suffisso de’ populi antiques, Trezzolasco, Vidolasco: sono i riverberi di un’altra storia, di un altro Serio, il Serio Morto, oggi astretto a colatore nella valle relitta (sic). Un tempo, tra l’XI e il XII secolo, il suo alveo così fluitava: da Castel Gabianum scendeva sotto la costa dei dossi di Zozanum (Izano), passando fra le ripe del Marzale et Castri Leonis (Castelleone, che ancora non esisteva). La sua foce naturalis era in una località vicino a Picighetone (Pizzighettone) e non Boccaserio di Montodine. Questo antico corso del fiume era più lungo e ben più stretto e soprattutto aveva minore pendenza, perciò causava frequenti inondazioni assai distruttive.

 

Le sei Ripe

Fu così che il nuovo corso del fiume voluto dal conte Masano, signore di Crema, fosse più largo, molto più breve e con una maggiore pendenza, permettendo il quasi totale prosciugamento del territorio presso Madignano e intorno alle due ripe, Ripalta e Ripaltella (Rivoltella) e dei rispettivi villaggi, distinte dalle altre quattro Ripe: Ripa Vecchia, Ripa Nova, Ripa Guerina e Ripa Arpina. Questo era più o meno il defunto Serio Morto fino alla sua foce. Fa testo, per onor di cartula, il documento del 960 quando Dagiberto vescovo di Cremona, in un atto congiunto con Attone conte di Lecco ratificano che : “Caput Sarii, la foce del fiume serio è in territorio cremonese, presso la curtes de Sesti”.

 

Casale Cremasco, Sergnano ed il Binengo

Tornando al Serio vivo, quello odierno, lasciati Vidolasco e Trezzolasco, le chiare acque incontrano subitaneamente altri due abitati, posti leggermente asimmetrici l’uno dall’altro, di qua e di là dal fiume. Casale Cremasco, poco più a nord, e Sergnano, poco più giù. Così il fiume si lascia guidare seguendo nei secoli dei secoli le vuluntà dell’homo cremascus in ogne sua desiderata et necessitate, come l’origine delle cinque rogge, una delle quali oggi è perduta, desaparecida. Il fiume in terra cremasca viene innervato da un florilegio de’ fontanili, risorgive et polle d’acqua. Lasciato alle spalle Sergnano, saluta la vetustà del Binengo, a un tiro di schioppo da Sergnano, ove la tradizione riporta ad un evento devozionale nel XVI secolo, quando un effige della Vergine trasportata da chissà dove, rimase adagiata colà sulla nuda terra, rivenuta dai fedeli decisero di costruire sul posto un tempio sacro.

 

La foce a Boccaserio (dipinto di Luigi Dossena)

Il barcaiolo cremasco

Lasciato il Binengo e il fantasma di quello che un tempo era il villaggio Albinengo (appena prima del ponte sulla Melotta) prosegue fra le morte fluviali che un tempo fecero da corollario a una lunga e fortunata stagione piscatoria, come la proficua e lucrosa concessione che la Serenissima rilasciò al cremasco Fachino Bonzi, barcaiolo e padrone di grosse imbarcazioni che solcavano il Serio. Agli inizi del 1400 il Bonzi, partendo da Crema e solcando le acque dei fiumi Serio, Adda e Po aveva aperto uno scambio commerciale con Venezia, con imbarcazioni a colpi di remi e, alla bisogna, trainate da animali dalle sponde. Grazie a questi servigi, la famiglia Bonzi ebbe la concessione in esclusiva della pesca sul fiume Serio, riconfermata via via fino ad assurgere a investitura feudale, che si allargò all’intera famiglia Bonzi ed eredi, addirittura ricevendo il titolo di conte. Tutto questo grazie al transito fluviale che da Mozzanica si sviluppava sino alla foce sull’Adda.

 

Ricengo, Pianengo e la Palata del Menasciutto

Sul fiume vennero poi costruite le pescaie, più comunemente chiamate palate: frutto di barriere fatte da pali infissi nell’acqua e nel fangoso suolo. Ne troviamo ancora oggi uno degli ultimi esemplari dopo il ponte sulla Melotta, fra la lussureggiante vegetazione palustre in località fra Ricengo e Pianengo, è la cosiddetta Palata del Menasciutto,  seguita da ripe e zone umide punteggiata da ghiareti e circondata da saliceti. L’acqua gorgogliando arriva fino all’altezza della Basilica di Santa Maria della Croce e con un guizzo, una costa, si avvicina facendo l’inchino, in segno di concordia e con un moto subitaneo guizza via, verso l’abitato de’ Crèma e lì trova tre cosse : una strozzatura e due ponti, uno ferroviario e l’altro a disposizione di ogne forma de’ transito, nel secolo scorso vi sferragliava anco il leggendario tram chiamato Gamba da lègn.

 

Frate Serio si concede a sora Adda

Ricordiamo che nel secolo XI – prima dell’intervento del conte Masano- il fiume distava due miglia dalla città. Lasciata Crema ansimante e schivando le sei ripe, giunge a Montodine, dopo aver salutato l’ubertosa magnificenza del Marzale colà si divide in due tronconi, assottigliandosi passa il ponte e finalmente dopo aver percorso centoventi chilometri, fra la sabbia, il limo e i sassi, presso Boccaserio, nascosto dal fogliame, si concede alla sua promessa sposa: sora Adda. Fonti: Muntoden da na olta Carlo Baroni, 1982; Il Serio Riscoperto Valerio Ferrari 1990. Foto da Sergnano, Gabriele Lucchi, 1985.

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