30-07-2015 ore 10:32 | Cronaca - Chieve
di Stefano Zaninelli

Chieve, 200 persone al Consiglio comunale aperto. Il sindaco Davide Bettinelli: “dal Prefetto solo parole, attendiamo i fatti”

In merito all’accoglienza dei migranti, non sono molti gli aggiornamenti rispetto a quanto è stato detto lunedì in piazza Roma. Come ha spiegato ieri sera il sindaco Davide Bettinelli al Consiglio aperto presso il campo sportivo, “sono 43 i profughi ospitati presso la palazzina di piazza Zambonelli, per convenzione dovrebbero rimanerne 40; la maggior parte di loro sono nigeriani (24). Rispetto alle azioni che ha fatto, sta facendo e farà il Comune, tenderei a non divulgare le notizie, perché qualcuno potrebbe sistemare le cose e rovinare la sorpresa”.

 

Governare “nel male”

A distanza di due giorni dalla manifestazione in piazza, la parola d’ordine è diffidenza: “quelle del Prefetto per ora sono solo parole – ha aggiunto il sindaco – aspettiamo che diventino fatti. Siamo pronti a contestare uno ad uno tutti i punti della convenzione stipulata tra il prefetto e il privato”. Chiaro l’indirizzo dell’amministrazione: “siamo chiamati a governare nel bene e nel male, in questo caso chiaramente nel male”, ha aggiunto il primo cittadino. Intanto, salgono a circa 200 le firme per la petizione con la quale i chievesi intendono istituire un comitato di controllo.  

 

Chieve, il banco del Consiglio comunale; al centro il sindaco Bettinelli (foto © Cremaonline.it)

I profughi “non li vogliamo”

Scongiurato il ricorso alle vie legali per la soluzione del problema – costa molto e “non c’è la certezza dell’esito a nostro favore” – l’amministrazione chievese ha assicurato profonderà il massimo impegno. Nondimeno, l’obiettivo finale è avvolto in una spessa cortina di dubbi: le dure parole riservate ai migranti – “non li vogliamo”, ha tuonato più di una volta il pubblico – lasciano in tendere il problema non riguardi solo l’accoglienza. A mettere in chiaro la posta in gioco è stato l’ex sindaco, Ernesto Baroni Giavazzi, che ha proposto di “mettere in votazione un Ordine del giorno, con cui il Comune respinge la scelta del Prefetto di collocare a Chieve i profughi”.

 

Stare sul territorio

A nulla sono servite le rassicurazioni della Caritas diocesana cremasca: oltre i fischi, sono numerosi i deprecabili epiteti rivolti all’operatore dell’associazione Claudio Dagheti quando ha spiegato che “serve una gestione oculata, che permetta agli accolti di stare sul territorio. È improprio parlare di profughi – ha chiarito l’operatore – perché tra i 43 accolti ci sono situazioni molti differenti, tra chi è scappato dalla guerra a chi migra in cerca di migliori condizioni economiche. Quello che è certo è che l’esperienza della Caritas, dal 2009 ad oggi, non ha mai avuto problemi in merito alla gestione dell’emergenza migranti”.

 

Consiglio aperto, al centro Claudio Dagheti (foto © Cremaonline.it)

Dominare il fenomeno

Anche la Caritas individua nell’accoglienza privata un sistema inefficiente: “l’ente gestore deve garantire sia i servizi alla persona sia quelli finalizzati all’integrazione, come la scuola e l’orientamento. Dal degrado non potrà mai generarsi benessere, solo altro degrado; per questo è necessario fare pressioni sulla signora Puddu (che ha stipulato la convenzione col Prefetto) affinché il fenomeno possa essere dominato. La diocesi, quindi la Caritas cremasca, è disposta a gestire varie realtà, ma in questo caso non siamo stati contattati. Rimaniamo convinti – ha concluso Dagheti – che una gestione di questo tipo non porti benessere né al paese né alle persone accolte”.  

 

Si faccia accoglienza insieme

Ben più applaudito l’intervento del parroco, don Alessandro Vagni: “Chieve ha una lunga storia di accoglienza; ad aprile di quest’anno erano 127 gli stranieri in paese. Se mi si chiede se è corretto l’allestimento di questo programma d’accoglienza, se è stato condiviso e se è umano il trattamento riservato agli ospiti, io rispondo “no”. Si azzeri questa situazione e si rimandi con coraggio l’offerta al mittente, se non si è in grado di perseguire gli obiettivi prefissati. Se accoglienza dev’essere, accoglienza sia, ma la si faccia insieme, perché diventi un’opportunità di crescita; l’abbiamo sempre fatto, facciamolo ancora”. 

1037