28-07-2015 ore 21:18 | Cronaca - Chieve
di Stefano Zaninelli

Chieve. Manifestazione in piazza Roma, rabbia a paura nelle testimonianze di una parte dei residenti. Il video

Rabbia, paura, perplessità ed impotenza rispetto ad un’emergenza alla quale non si aspettavano di dover partecipare: negli interventi dei chievesi, ieri sera alla manifestazione di piazza Roma c’è tutto questo ed altro ancora. Non è colpa loro, dei migranti – affermano i residenti – ma la paura prevale sulla compassione. Dalmazio Barbati, residente chievese, ha preso il microfono per primo: “sono un ostaggio di queste persone, anche se non ho niente contro di loro. Loro sono qua da pochi giorni e non sappiamo ancora cosa succederà. Sono stati sistemati come fossero cani, seduti per terra ad aspettare la persona che gli posta la pappa a mezzogiorno e di sera”.

 

“Inquilino ostaggio”

Come Barbati anche altri chievesi hanno preso parola sul sagrato della chiesa, davanti alle 600 persone presenti. Tra questi anche Michele Provana: “sono l’inquilino ostaggio, l’unico che vive in quella palazzina. Il problema è per chi vive lì: io, la mia compagna, chi ha il negozio o l’appartamento lì introno. Ho in corpo tanta rabbia e non posso fare niente: sono 39 anni che lavoro e pago le tasse e mi trovo ad avere una casa da cui mi hanno consigliato di andare via. Io non sto vivendo più, ho paura: tutti i giorni devo passare davanti a loro, quando esco la mattina e torno a casa la sera”.

 

 

La paura dei clienti

“Ho una gran paura quando vado al lavoro – afferma la parrucchiera con il negozio nella palazzina – prima andavo al lavoro tranquilla, ma adesso… Spero succederà qualcosa di positivo: se dovesse andarsene qualcuno, speriamo non ne ritornino altrettanti. Non ho niente contro di loro ma temo per i miei clienti: ho notato che nonostante i profughi siano qui da pochi giorni i clienti hanno paura: quando entrano nel negozio abbassano la testa e mi dicono che non verranno più perché hanno paura, soprattutto le ragazzine. Sono tre anni che ho il negozio e devo pagarlo; non pensavo di finire così”.

 

“Sogno infranto”

Dello stesso tenore l’intervento delle titolari dell’altro negozio in piazza Zambonelli, nella palazzina dove sono stati accolti i migranti: “vogliamo sapere chi sono – afferma una delle due titolari – per quale motivo sono più di 36, se sono sani e perché agli italiani che chiedono in Comune non gli spetta mai niente. Siamo allibite: i nostri clienti hanno paura, abbiamo 23 anni e nessuno ci ha mai aiutato”. “C’è rabbia – prosegue la co-titolare – perché abbiamo paura a chiudere il negozio e perché la gente teme a venire da noi. Abbiamo investito tanti soldi, era il nostro sogno che ora ci hanno infranto per aiutare delle persone; anch’io sono d’accordo ad aiutare, ma prima bisognava dare una mano ad altre persone, agli italiani”.

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