24-10-2014 ore 20:30 | Cronaca - Crema
di Angelo Tagliani

Abusi su minori. La rogatoria internazionale, il caso Wesolowski e la posizione del vescovo Cantoni. Proviamo a far chiarezza sul caso Inzoli

Fa molto discutere, in città, la notizia della rogatoria internazionale inviata dal tribunale di Cremona al Vaticano per acquisire documenti in merito al procedimento nei confronti di Mauro Inzoli. L'ex parroco della Ss.Trinità di Crema, lasciata nell'ottobre del 2012, il 26 giugno del 2014 è stato condannato dalla Santa Sede “ad una pena medicinale perpetua” per abusi su minori. Il 30 giugno di quest'anno il deputato di SeL, Franco Bordo, ha presentato un esposto alla Procura di Cremona: “chiedo che se sono stati commessi dei reati vengano puniti”.

 

Ente tutela dei minori

All'inizio di luglio il Comune di Crema ha avviato le indagini nell'Ente tutela minori nel Cremasco, “per fugare ogni dubbio rispetto a quanto avvenuto in passato ed allontanare anche solo il sospetto di eventuali reati commessi nei confronti dei minori affidati", ha spiegato il sindaco Stefania Bonaldi. Il 13 luglio viene data notizia di un secondo esposto alla Procura, col quale la rete l'Abuso onlus chiede ulteriori approfondimenti d'indagine.

 

La posizione del vescovo di Crema

La vicenda è molto delicata e va trattata con la massima cautela. Partiamo dalla posizione del vescovo di Crema, monsignor Oscar Cantoni. Per l'avvocato Marcello Palmieri “nell'ordinamento italiano, chi viene a conoscenza della commissione di un reato ha l'obbligo di denuncia alle autorità statali solo se riveste la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio e quest'ultimo si trova nell'esercizio delle sue funzioni. Non è certo il caso del vescovo, giuridicamente inquadrato ministro di culto. Anzi. Come tale, sono le stesse norme del nostro Stato a dispensarlo dal testimoniare in giudizio o dall'esibire documenti, se oggetto della prova sono vicende da lui conosciute a motivo del suo ministero”.

 

Le linee guida della Cei

“Attenzione: ció non significa che alla notizia di abusi sessuali su minori da parte di un ecclesiastico il vescovo della diocesi in cui questo opera possa stare inerte. Al contrario – aggiunge l'avvocato – le “linee guida per i casi di abusi sessuali su minori da parte di chierici” pubblicate nel 2012 dalla Conferenza episcopale italiana, che fanno proprie alcune indicazioni della Sacra congregazione vaticana per la dottrina della fede, dispongono che egli avvii senza indugio il procedimento canonico. Vale a dire quel particolare processo interno all'ordinamento della Chiesa che persegue gli eventuali abusi non come reati contro la persona astrattamente commettibili da chiunque, bensì come delitti contro ‘i costumi’ perpetrati da un ecclesiastico. Di conseguenza, le pene comminabili non incidono sulla persona in quanto tale, ma colpiscono il sacro ministero da questa rivestito. Delle sanzioni, la più severa è la dimissione dallo stato clericale. Le stesse linee guida chiariscono tuttavia che l'esercizio dell'azione canonica non pregiudica l'attivazione dell'ordinamento penale italiano. Anzi, qualora i 2 procedimenti corressero paralleli, suggeriscono ai vescovi di cooperare con le autorità civili. Ma pur sempre senza nessun obbligo di fare ciò che la legge statale non richiede loro. Altra faccia della medaglia sul medesimo principio, la raccomandazione Cei per cui i vescovi, nel loro operare in questi casi, si conformino sempre alle norme statuali vigenti”. Pur sempre con una premessa: “l’autorità ecclesiastica deve ascoltare e mostrare la massima disponibilità verso le vittime degli abusi. E in modo molto concreto, per esempio fornendo l’assistenza psicologica di cui necessitano”.

La rogatoria
Passiamo ora alla rogatoria internazionale: “Sempre le linee guida Cei – sostiene Palmieri - precisano che a norma di legge lo Stato italiano può chiedere che gli siano trasmessi atti del procedimento canonico. Ma l'autorità ecclesiastica non è obbligata a concederli”.

 

Il carcere Vaticano
Per quale motivo Inzoli non rischia di essere incarcerato in Vaticano come Jozef Wesolowski, l'ex nunzio apostolico protagonista di abusi su minori? “Mauro Inzoli e Jozef Wesolowski, come ecclesiastici autori di delitti contro i costumi sono stati giudicati dalla Sacra congregazione vaticana per la dottrina della fede, l'ex Sant'Uffizio, con competenza su tutti i chierici cattolici del mondo. In tale frangente sono stati condannati a pene canoniche che hanno fortemente limitato, nel caso di Inzoli, o addirittura fatto cessare, in quello di Wesolowski, il loro ministero ecclesiale. Come detto, nulla vieta che contro di loro, stavolta nelle vesti di semplici cittadini, procedano anche i rispettivi Paesi: l'Italia, nel caso di Inzoli ed il Vaticano per il secondo, in quanto i membri del corpo diplomatico della Santa Sede hanno cittadinanza vaticana, così come i laici che vi risiedono. Morale: in caso di ulteriore condanna, stavolta da parte dello Stato italiano, per entrambi la pena potrebbe anche essere detentiva, ma Inzoli dovrebbe scontarla in Italia, Wesolowski in Vaticano”.

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