20-04-2018 ore 15:57 | Cronaca - Città
di Lidia Gallanti

Centri antiviolenza. Il confine tra tutela della privacy e sostegno, il dibattito è regionale

Centri antiviolenza, protezione dei dati e sicurezza delle vittime da tutelare. I consiglieri regionali del Partito democratico scrivono all’assessore alle politiche familiari e pari opportunità Silvia Piani per un nuovo confronto sul tema. “Chiediamo di rivedere le decisioni prese dalla precedente Giunta e convocare al più presto un tavolo con le referenti della Rete lombarda dei centri antiviolenza e case rifugio”. L’attuale normativa (clicca QUI per la delibera) prevede la costituzione di una banca dati regionale informatizzata "per conoscere e monitorare il fenomeno della violenza contro le donne e le azioni di contrasto necessarie”.


Anonimato garantito e finanziamenti tracciabili

Il nodo riguarda il trattamento dei dati personali per mappare i bisogni del territorio, la rispettiva valutazione economica degli interventi e l’adeguatezza dei servizi erogati. Alle reti regionali accreditate (24 in tutta la Lombardia) il compito di raccogliere i dati delle persone assistite e comunicarli all’Osservatorio Regionale Antiviolenza. Come previsto dallo statuto e dalla natura dei centri antiviolenza, l’anonimato delle donne assistite è garantito: la raccolta dati è finalizzata studiare le dimensioni del fenomeno e valutare i percorsi avviati. Ciò per definire i finanziamenti pubblici destinati alle diverse realtà in base alle specifiche esigenze, verificando che non ci siano speculazioni. Nonostante il garante della privacy si fosse già espresso a favore del sistema regionale, il dibattito rimane aperto e raggiunge le stanze della politica.

 

Piloni: 'poca tutela e garanzie insostenibili'

“Così facendo si equiparano i centri antiviolenza a un servizio pubblico, imponendo alle operatrici un controllo del percorso e la registrazione del codice fiscale, in contrasto con con la riservatezza dei centri”. Questa l’opinione del consigliere regionale Matteo Piloni, che critica anche la “reperibilità e disponibilità 24 ore su 24 richiesta alle operatrici, che non può essere garantita con il solo sostegno economico erogato dalle istituzioni”. L’attività dei centri accreditati si basa su finanziamenti statali, regionali ed esterni, non sufficienti a coprire la costante presenza di personale fuori orario. Un’esigenza ad oggi soddisfatta garantendo la reperibilità telefonica oppure attraverso la rete di collaborazione costituita con forze dell’ordine, pronto soccorso.

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