01-02-2018 ore 21:03 | Cronaca - Dal cremasco
di Lidia Gallanti

Dignità e chiarezza. L' appello dei pendolari cremaschi: "adesso qualcosa deve cambiare"

"Ieri ho ripreso il treno per la prima volta". Taik Fellah ha 31 anni, abita a Castelleone e ogni mattina da otto anni prende il treno per raggiungere Milano, dove lavora come operaio. Giovedì 25 gennaio era a bordo del regionale 10452, proprio nella terza carrozza. "Era ghiacchiata - racconta - così mi sono spostato nella successiva". È stato tra i primi a scendere dal convoglio per soccorrere i passeggeri del vagone deragliato. 

 

Allerta continua
"Ci è voluta una settimana per decidere di salire nuovamente sul treno". Il racconto di Taik si ferma, la voce vacilla, lo sguardo inquieto scaccia il ricordo di una mattina infernale. "Non si dimentica. Ora tutto sembra tornato alla normalità, ma non posso fare a meno di vivere ogni tragitto in allerta, non riesco a non pensare a quanto è successo. C'è chi dice che poteva andare peggio, forse è così, su quel treno viaggiano fino a 500 persone, più di quelle stimate". 

 

'Qualcosa deve cambiare'

Taik riassume in breve la vita da pendolare, con la sveglia che suona presto e un viaggio "che può durare anche quattro ore tra andata e ritorno, per fare 50 chilometri. Ritardi e disagi sono all'ordine del giorno". Un destino comune a tutte le persone che condividono la tratta:  "quando trascorri ore delle tue giornate a bordo dei treni impari a conoscere i tuoi compagni di viaggio". Oggi è con loro, per partecipare alla mobilitazione del Comitato pendolari cremaschi: "qualcosa deve cambiare. Non è possibile rischiare la vita per andare a lavorare. Tutto questo poteva essere evitato".

 

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