04-12-2013 ore 22:38 | Rubriche - Storia delle religioni
di don Emilio Lingiardi

Concilio Vaticano II: la Chiesa difende la libertà religiosa, espressione della dignità di ogni coscienza umana

Con questo intervento si conclude la nostra riflessione sui messaggi emersi dal Concilio Vaticano II, iniziato da Papa Giovanni XXIII, nell’ottobre del 1962, e concluso da Paolo VI a dicembre del 1965. E' significativa questa conclusione nel giorno in cui i Padri conciliari hanno votato all'unanimità il primo documento "Sacrosantum Concilium" sulla liturgia il 4 dicembre 1963.

Stile pastorale
La scarsa presenza di vescovi provenienti da paesi governati da regimi comunisti (Europa dell’est, Cina, Vietnam) ha spinto parecchi padri conciliari a chiedere una chiara condanna del marxismo e delle sue conseguenze politiche. Ma lo stile pastorale del Concilio, impresso da Papa Giovanni XXIII, ha prevalso, anche se con molta fatica tanto che si è arrivati all’approvazione del decreto “dignitatis humanae” solo l’ultima ora dei lavori, all’una del 7 dicembre 1965.

Libertà religiosa
La linea pastorale ha preferito dichiarare con forza i diritti fondamentali dell’uomo, innati nel suo cuore con il disegno della creazione, che toccano il santuario della coscienza che deve esprimere liberamente scelte morali e religiose non solo nell’ambito privato o nella dimensione del culto, ma in tutte le manifestazioni del vivere sociale e civile.

Sacralità della coscienza
Per questa sacralità, ogni uomo può esprimere la sua religiosità con libertà e rispetto, senza alcuna limitazione da parte degli Stati nei quali vive. Sono pertanto ingiuste tutte le limitazioni alla libertà religiosa, come le persecuzioni, il carcere e perfino la morte inflitta purtroppo dall’odio contro ogni fede.

Ruolo dello Stato
Lo Stato deve essere laico, fondato sul bene comune; non confessionale, ma aperto a tutte le religioni, secondo il detto evangelico: “date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio”. In questa luce va garantita la reciprocità sia personale per cui ciascuno può scegliere o cambiare la propria confessione religiosa come istituzionale per la quale tutti i Paesi devono assicurare luoghi di culto a tutti i cittadini. Anche le scelte affettive che sfociano nel matrimonio devono garantire agli sposi e ai futuri genitori il massimo di libertà religiosa e morale.

Inculturazione del Vangelo
Il rispetto di questa libertà chiede pure che l’annuncio della verità evangelica sia portata nelle varie culture umane, per evitare qualsiasi forma di violenza psicologica e spirituale. Contro mons. Lèfevre e i suoi seguaci si è difeso il pluralismo teologico e l’inculturazione del Vangelo che va inserito tramite le mediazioni culturali dei vari paesi.

Pluralismo religioso
La fede infatti si era identificata con la cultura occidentale, anche perché i missionari erano sempre partiti dall’Europa. Ma ogni popolo ha la sua cultura, la sua storia e le sue tradizioni e tramite queste va incarnato il messaggio di Gesù, salvatore di tutti gli uomini e di tutto l’uomo.

Promozione umana
Dove l’annuncio evangelico è limitato o addirittura proibito per paura di proselitismo, è allora dovuta l’opera di promozione umana, serie di iniziative ed attività che sostengono ogni uomo a prendere coscienza della propria dignità e grandezza, come la cura della vita e della salute, la consapevolezza formata da ampia scolarità, l’educazione al lavoro fruttuoso da rendere questi popoli protagonisti del proprio sviluppo economico e sociale.

Sintesi tra fede e impegno
Vangelo e promozione umana: una felice sintesi che mentre annuncia Gesù di Nazareth, vero figlio dell’uomo, aiuta ogni persona a prendere coscienza della sua dignità inalienabile e del suo compito originale e irripetibile nell’elevazione e crescita della sua comunità.
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